Una valanga di ricorsi contro il divieto assoluto di fecondazione eterologa.
Questo l'effetto della sentenza (il testo su guida al diritto il sole 24ore.com) con cui la Corte dei diritti dell'Uomo (Cedu), il primo aprile scorso, ha condannato l'Austria che, al pari dell'Italia, non consente in alcun caso la fecondazione eterologa in vitro.

Una chiusura totale, a parere dei giudici di Strasburgo, in contrasto con il diritto alla vita familiare e con il divieto di discriminazione. Sulla base della tutela affermata dalla Cedu sono molte le associazioni che hanno annunciato ricorsi giudiziari in diverse città italiane, a partire da Bologna, il 15 aprile, per passare poi a Firenze, Catania e Milano. Si continuerà a maggio con le richieste alle sezioni specializzate dei tribunali civili di affermare il diritto sancito da Strasburgo.

A chiamare in causa i giudici della Corte dei diritti dell'Uomo erano state due coppie austriache con problemi di sterilità che potevano essere superati solo grazie alla fecondazione in vitro con donazione esterna di ovuli o sperma. Possibilità esclusa anche dalla Corte Costituzionale austriaca, che aveva giudicato il divieto imposto dalla legge interna in linea con i principi della Convenzione europea.

Di parere opposto la Corte dei diritti umani che ha esteso la tutela dell'articolo 8 della Convenzione, sulla tutela della vita privata e familiare, anche al rispetto della volontà di chi decide di diventare genitore ricorrendo alla fecondazione come unico sistema per superare i problemi che incidono sulla fertilità. I giudici hanno messo così un limite alla discrezionalità concessa agli stati in tema di fecondazione medicalmente assistita, affermando il divieto di discriminazione tra persone che si trovano in situazioni analoghe. Nessun obbligo dunque di adottare norme che consentano la fecondazione, ma se questa è ammessa non può essere giustificato il no alla fecondazione eterologa quando esiste un via libera per quella omologa. E' dunque aperta anche in Italia la strada dei ricorsi contro la disparità di trattamento bocciata da Strasburgo.

 

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