Il divieto di pubblicazione, infatti, non riguarda più solo stralci e contenuti di intercettazioni, ma anche, molto più genericamente, gli atti di indagine. Fino al termine dell'udienza preliminare non sarà possibile fare neanche il nome dell'indagato, figurarsi pubblicare una foto o riassumere i fatti. L'unica possibilità di informare i cittadini è l'eventuale emissione di un ordine di custodia cautelare, ad esempio l'arresto. Non prima però che l'indagato sia stato informato.
Ma quello del "bavaglio" all'informazione non sarà l'unico momento di scontro in commissione. Mentre continuano le prese di posizione contro i limiti posti all'uso delle intercettazioni – «gli emendamenti non migliorano la situazione» ha affermato Luca Palamara, presidente dell'Anm –. Un ulteriore fronte potrebbe aprirsi con una delle ultime norme del disegno di legge. L'articolo 29 che trasforma i procuratori in veri e propri manager. Entro il 31 marzo di ogni anno, si prevede, ciascun procuratore deve inviare al ministro della giustizia una relazione sulle spese di gestione e amministrazione delle intercettazioni effettuate nel corso dell'anno precedente. E che si tratti di una misura che intende responsabilizzare le procure nella gestione del denaro pubblico è confermato dal fatto che la relazione sarà poi controllata dalla Corte dei conti. (A.M.Ca.)
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