Aveva ragione Lippi: la differenza l'ha fatta la fame
di Mattia Losi


Campioni del mondo, in Germania e contro la Francia. I grandi di Spagna '82 hanno finalmente trovato gli eredi, e dopo un quarto di secolo possono riposarsi. Il disegno di Marcello Lippi si è compiuto, seguendo l'unica via possibile per arrivare a mettere le mani su una Coppa che, solo un mese fa, sembrava destinata a prendere altre vie: quella per il Brasile, innanzitutto, oppure quella per l'Argentina.

Lippi voleva arrivare con la squadra in forma a partire dai quarti di finale: c'è riuscito, e la forza fisica unita al talento hanno portato la Nazionale fino alla fine del primo tempo della partita decisiva, quella contro la Francia. Poi, come per incanto, quando tutti ci aspettavamo il crollo fisico dei francesi, i nostri hanno sentito la fatica: Henry, Malouda e Ribery sembravano volare. Quando sono entrati Trezeguet e Wiltord, gli autori delle due reti che hanno condannato l'Italia all'Europeo del 2000, la beffa sembrava pronta per un inevitabile replay.

A questo punto, come aveva previsto Lippi, la differenza l'ha fatta la fame: i campioni francesi, forse, non ne avevano abbastanza. Per loro era la conclusione di un ciclo, il passo di addio di una generazione straordinaria capace di vincere il mondiale del 1998 e l'Europeo del 2000, di arrivare dove nemmeno Michel Platini era arrivato.

Per gli azzurri era diverso: molti di loro erano stati protagonisti della finale persa contro la Francia, nel 2000, e avevano fallito in modo imperdonabile contro la Corea nel 2002. Qualcuno, addirittura, aveva ancora il rimpianto per i quarti di finale persi ai rigori, contro buona parte dei francesi in campo ieri, nel mondiale del 1998. A scendere in campo, nella notte di Berlino, era una generazione di sconfitti, di incompiuti che fino a quel momento aveva più rimpianti che motivi di gioia: la finale ha cancellato tutto, perché adesso è la generazione dei campioni del mondo.

Non commettiamo l'errore, come abbiamo fatto dopo Spagna '82, di credere che i nostri siano i più forti in assoluto: Ronaldinho riprenderà a danzare calcio, Henry a correre inarrestabile verso la porta avversaria, Messi e Tevez a segnare gol a ripetizione. Quello che si è appena concluso è il mondiale: sette partite, e tutto è finito. In queste sette partite i migliori hanno indossato la maglia azzurra. La grandezza dei nostri avversari resta intatta, ma sulla Coppa 2006 c'è il nome dell'Italia, dei quattro volte campioni del mondo.

Un'Italia senza una star assoluta, o meglio con star chiamata gruppo: Materazzi che segna nella finale mondiale, chi ci avrebbe creduto? E i rigori, quelli che segnano un carriera, tirati da due difensori (Materazzi e Grosso), un centrocampista (Pirlo), un giocatore al rientro da 4 giornate di squalifica (De Rossi) e da un campione (Del Piero) fino a questo mondiale sempre assente nei momenti decisivi con la maglia azzurra. Nessun grande bomber, nessun cucchiaio di Totti. Cinque tiri, cinque gol. La Francia battuta in Germania, come vincere due volte.

Ricordare nome per nome gli azzurri è adesso inutile: resteranno per sempre nei nostri cuori, come quelli dell'82. Cannavaro straordinario, Gattuso che non molla mai, Toni che si sacrifica in un lavoro quasi mortificante per il capocannoniere del campionato italiano. Tutto vero, ma noi ricorderemo tutti con affetto: il guizzo di Inzaghi, la sicurezza di Oddo e Barzagli, perfino l'autorete sfortunata di Zaccardo.

Per chiudere con questo mondiale due brevi pensieri: il primo va al dopo partita, quando i cronisti della Rai sono riusciti a togliere la parola a Buffon per un intervento del ministro della Giustizia, Clemente Mastella. Ne sentivamo tutti la mancanza. Il ministro ha prontamente ricordato che è impossibile pensare, testuale, «a Buffon e Cannavaro in Serie C». Perché, signor ministro, Camoranesi e Zambrotta ci possono andare più tranquillamente? E Gattuso in Serie B, insieme a Pirlo e Toni, non fa un certo effetto? Ma non si preoccupi, signor ministro: a meno che non lo decidano loro stessi, nessuno giocherà in B o C. Tutte le squadre li vogliono, sono i campioni del mondo. Moggi, De Santis e le miserie del calcio malato non hanno nulla a che fare con il meraviglioso azzurro di ieri sera. Teniamo divisi diavolo e acqua santa.

Il secondo pensiero è per Zidane: ha chiuso la carriera nel modo peggiore, non perché ha perso il mondiale, ma per la testata a Materazzi. Se l'avesse fatto un italiano, apriti cielo. Abbiamo crocifisso De Rossi, parliamo ancora di Totti come un lama per lo sputo a Poulsen. Anche i grandissimi sbagliano, e forse per questo sono un po' meno grandi di come li vediamo.

Tra pochi mesi, sempre contro la Francia, ci scontreremo nelle qualificazione per l'Europeo del 2008: ma sinceramente, adesso non ci importa nulla. Campioni del mondo, Campioni del mondo, Campioni del mondo.


ml@ilsole24ore.com


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10 luglio 2006