«Chi ha ucciso Laura Palmer?» Chi vent'anni fa c'era conosce benissimo il senso di questa domanda. O meglio: chi vent'anni fa c'era sa benissimo che questa domanda non ha senso. Non più delle innumerevoli assurdità cui la vita tutti i giorni ci sottopone. A beneficio di chi non c'era, facciamo subito presente che «Chi ha ucciso Laura Palmer?» era la domanda dalla quale partiva «Twin Peaks», memorabile telefilm (all'epoca il termine fiction non era di uso comune) firmato da quel geniaccio di David Lynch che esattamente l'8 aprile del 1990 faceva il suo debutto in prima serata sul network americano Abc.

Fu un successo clamoroso che diede origine a due serie (la prima di otto e la seconda di 22 episodi da 45 minuti), raccolse i consensi di 22 milioni di spettatori e nel '91 si aggiudicò tre Golden Globe. Proprio nel '91, per la precisione il 9 gennaio, fu trasmessa da Canale 5 la prima puntata destinata al pubblico italiano (titolo: «I segreti di Twin Peaks»), supportata da un poderoso battage di lancio che aveva la sua punta di diamante in «Ciak», la rivista di cinema della famiglia Berlusconi. Anche da noi - neanche a dirlo - fu un successo clamoroso, tant'è vero che la ricorrenza del ventennale vede l'Italia in prima fila. Sci Fi, canale digitale terrestre del pacchetto Mediaset Premium, a partire dal 24 maggio manderà in onda l'intera serie mentre arriva in commercio «Twin Peaks: definitive gold box edition», il cofanetto celebrativo di Dvd tanto atteso dai fedelissimi.

Ma che cosa determinò il successo del telefilm? Difficile fornire una risposta razionale, considerando che all'oggetto della domanda l'aggettivo razionale non si attaglia per niente. Partiamo dalla trama. La serie inizia come un thriller piuttosto convenzionale: a Twin Peaks, cittadina dello Stato di Washington, sulla battigia di un fiume viene rinvenuto il corpo di Laura Palmer (interpretata Sheryl Lee), la reginetta del locale liceo. C'è un agente speciale dell'Fbi, Dale Cooper (Kyle MacLachlan), che si getta anima e corpo sull'indagine. Fin qui tutto prevedibile ma… volete che David Lynch, l'autore del folle «Eraiserhead - La mente che cancella», giri un thriller qualsiasi? Ecco allora che il personaggio di Cooper si ritrova risucchiato in un'inquietante spirale di follia, tra uomini senza braccia che recitano versi oscuri, nani ballerini, misteriosi giganti e scambi di anime. Come dire: se esiste un inferno, deve somigliare molto alla piccola Twin Peaks. C'è poco da meravigliarsi, allora, se il nostro agente speciale finisce col tirare testate contro uno specchio.

A guardar bene, le vere vittime del serial sono gli attori protagonisti che non sono mai veramente riusciti a liberarsi dei personaggi da loro interpretati. «Laura Palmer – dice oggi Sheila Lee - mi ha aperto molte porte. Il personaggio era così speciale e aveva una così forte identità che dopo vent'anni la gente mi ricorda ancora per questo ruolo». Sulla stessa lunghezza d'onde MacLachlan: «Dopo che la serie finì ero riluttante a girare il prequel per il cinema. Ma mi resi conto di essere intrappolato nel ruolo di Cooper e, a ben guardare, è la cosa migliore che mi sia capitata in vita mia».

Le coordinate del plot sono perfettamente lynchiane. Semmai ci sarebbe da chiedersi cosa ci facesse, in prima serata su un network così importante, un regista indipendente del tutto al di fuori dagli schemi. L'esperimento però ha il merito di funzionare in termini commerciali, l'unico aspetto che stava a cuore a chi ci aveva scommesso su quattrini. All'epoca nessuno vide la cosa in questi termini, eppure «Twin Peaks» aprì di fatto le porte ai serial televisivi di grande qualità. Per dirne una: senza Laura Palmer non avremmo avuto i naufraghi di «Lost».

Altra domanda lecita è che cosa il pubblico medio di mezzo mondo ci abbia potuto capire da una trama così contorta. Di sicuro ci fu chi cominciò a guardare «Twin Peaks» credendolo un thriller come tanti e lo abbandonò per strada, appena perse il bandolo della matassa. Qualche altro continuò a guardarlo, pur non capendoci granché, per vedere – come direbbe Totò - «questo dove vuole arrivare». Qualche altro ancora, come Homer Simpson nella puntata del cartoon che rende omaggio al serial, guardò con espressione interdetta il cavallo bianco danzare su due zampe e poi gridò: «Wow! Mitico!». Ma è così che si fanno le grandi produzioni televisive.

FOTO / I personaggi della serie
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