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Il personaggio che ci aiuterà a ripartire. Barbarossa l'imperatore dei nuovi equilibri

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 agosto 2010 alle ore 08:03.

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Quale personaggio del passato potrebbe aiutarci a ripartire?

«Auguro all'Italia un tiranno», scriveva ai primi del Novecento «l'omo salvatico» Domenico Giuliotti, nauseato dell'Italietta del suo tempo. Ma che cosa sarebbe necessario nell'Italia odierna, dove spadroneggia non un "tiranno", bensì un padre-padrone-manager che paradossalmente unisce un potere pressoché illimitato e un vasto consenso a una reputazione sempre più in declino. Può aiutarci, la storia, a individuare nel passato personaggi che siano usciti da impasse del genere? Ohimè: la storia - come dice Altan - non solo non ha nulla da insegnare a nessuno, ma sarebbe lei a dover imparare. Tuttavia, in modo del tutto ludico e ucronico, potremmo provarci.

Prendiamo un personaggio chiacchierato e perfino calunniato, Federico I di Svevia detto "il Barbarossa": tiranno straniero nella memoria del Berchet e del Carducci, accentratore spregiudicato e conculcatore delle libertà in un film di Renzo Martinelli. La Lega Lombarda lo sconfisse nella battaglia di Legnano del maggio 1176, il papa e i comuni lo costrinsero alla pace ed egli finì col morire miseramente annegato nel 1190 sulle montagne tra Anatolia e Siria, mentre si dirigeva in Palestina per quell'evento che i manuali chiamano "la terza crociata".

Raccontata così, la sua storia sembra una sequenza di sconfitte e di fallimenti: ma la realtà fu diversa. Esistono analogie tra allora e oggi? Una crisi; una discordia radicata tra gli abitanti della penisola e tra i diversi ceti sociali; un potere centrale oggetto di critiche e di forme varie di disaffezione; una Chiesa potente, ma screditata per motivi morali profondi; la sensazione diffusa che un sistema invecchiato sia arrivato alla fine e che qualcosa di nuovo sia alle porte; un senso di diffuso disorientamento a proposito del domani. In questo quadro è senza dubbio riconoscibile l'Italia tra primo e secondo decennio del XXI secolo; ma anche quella tra ottavo e nono decennio del XII.

Un dato soprattutto colpisce: la necessità, in entrambi i casi, di una svolta politica e della ricerca originale e spregiudicata di nuovi equilibri. È quel che Federico I riuscì a concepire e a realizzare in modo originale ed energico, dopo che la batosta militare del 1176 a Legnano aveva pesantemente compromesso la sua immagine. Il paragone tra l'imperatore e il "cavaliere" è in sé ovviamente grottesco: tuttavia il Berlusconi che insiste sul suo diritto elettoralmente acquisito - e rafforzato da quel che a suo avviso sarebbe un crescente consenso popolare - a proseguire la sua esperienza di governo a dispetto del minaccioso scricchiolare della sua maggioranza e della raffica di scandali che colpisce l'équipe dei suoi collaboratori, mentre d'altra parte i suoi avversari non riescono a trovar un punto d'accordo né ad esprimere un'alternativa convincente rispetto a lui, ricorda obiettivamente e sotto molti aspetti la condizione dell'imperatore: dato addirittura per disperso e per morto all'indomani della battaglia di Legnano e costretto a tornare in Germania anche per affrontarvi il tradimento o comunque l'opposizione di uno dei suoi principali collaboratori, il cugino Enrico il Leone duca di Sassonia (ognuno ha i Gianfranco Fini che si merita).

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Quale personaggio del passato potrebbe aiutarci a ripartire?

Quando qualcosa funziona poco si cerca subito di agire. Se si tratta di economia o di politica

Ritratto di Niccolò Machiavelli, opera di Santi di Tito conservata in Palazzo Vecchio a Firenze (Alinari)

Machiavelli, lo scienziato prestato alla politica

Per uscire da una crisi grave come quella che da tre anni attanaglia le economie occidentali

Emma Dante vorrebbe il Che, lo scrittore Nicola Lagioria fa il nome di Simone Weil. E voi chi scegliereste? (Nella foto la filosofa francese Simone Weil - © Alinari)

Emma Dante vorrebbe il Che, lo scrittore Lagioia fa il nome di Simone Weil. E voi?

Se avessimo una macchina del tempo, sarebbero tanti i personaggi della storia che ci piacerebbe

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Chissà se Berlusconi uscirà dalla crisi, e se ciò comporterà un rinnovato equilibrio politico e sociale del paese. Come Federico riuscì nel suo intento, ci è invece noto: con il prestigio carismatico della sua personalità e della corona imperiale e grazie a una tempestiva e convincente ridefinizione della sua linea politico-diplomatica. Negli anni precedenti, il sovrano aveva commesso un grosso errore: le sue scelte autoritarie e accentratrici avevano provocato la concorde reazione dei comuni norditalici che per molto tempo erano stati tra di loro nemici. Milano era riuscita a imporre la sua leadership nella lotta contro di lui.

Federico capì che era inutile cercar di dividere il fronte nemico. Poteva soltanto colpire Milano nell'ipotesi che umiliare la città leader dei coalizzati li avrebbe scompaginati, oppure al contrario farsela amica e prevalere di nuovo grazie all'inattesa alleanza con essa. Scelse questa seconda via, più difficile ma anche più originale. Ma, già da prima, si era rappacificato col papa, l'alleanza col quale aveva permesso fino ad allora ai suoi nemici di considerare la loro causa come spiritualmente giusta e il loro contrasto con l'imperatore come una "guerra santa". Ulteriore elemento di forza dei comuni era l'appoggio esterno del regno di Sicilia.

L'imperatore mise quindi a segno due colpi magistrali: nel 1177 si accordò con il pontefice, ponendo fine a una tensione che aveva provocato uno scisma e gli era valsa una scomunica. Quindi procedette anche a un'intesa con il sovrano della grande isola mediterranea. Rispetto ai comuni, Federico evitò di cercar l'appoggio di quelli ch'erano stati un tempo i suoi due alleati più sicuri, Pavia e Cremona, ma che negli ultimi tempi lo avevano abbandonato. Con un abilissimo "rovesciamento delle alleanze" si collegò a Milano, sfruttandone l'ascendente sulle altre città.

Nella pace stipulata nel 1183 in terra imperiale, a Costanza, riconobbe sì alle città padane gran parte di quei diritti e di quelle prerogative ch'esse gli avevano già strappato con la forza militare, ma obbligandole praticamente ad ammettere che quegli accordi erano il risultato della sua graziosa benevolenza e della sua generosità di sovrano. Aveva perduto la guerra: seppe vincere alla grande la pace. Federico era quindi entrato in crisi anche perché costretto a sopportare un handicap morale: l'ostilità della Santa Sede. Rifondò la sua credibilità etica rappacificandosi con essa. La società italiana di oggi è in crisi morale in quanto le sue istituzioni, la classe politica, la stessa magistratura hanno perduto prestigio e credibilità: una rifondazione morale e civile si profila necessaria.

Essa dovrebbe partire dall'uscita dalla scena politica di personaggi sui quali gravano forti e non ingiustificati dubbi morali e dalla riforma di un sistema elettorale che ha esautorato le prerogative di controllo degli elettori sulla selezione della classe politica, affidandoli all'arbitrio delle segreterie dei partiti e trasformando obiettivamente la democrazia parlamentare in oligarchia, le scelte elettorali in designazioni legittimate da un consenso plebiscitario.

L'imperatore seppe recuperare prestigio attraverso un accordo con i comuni che riconosceva i reali di forza. La necessità di un rinnovato equilibrio politico nell'Italia odierna passa attraverso la fine dell'"eccezione berlusconiana": caratterizzata da fatti quali le leggi ad personam, il governo della maggioranza attraverso l'uso continuo e indiscriminato del ricorso alla fiducia, il sistematico abuso da parte del premier delle sue risorse imprenditoriali e mediatiche, l'affermazione di "partiti di plastica" all'interno dei quali non si discute e non si elaborano più idee, il silenzio-assenza di un'opinione pubblica anestetizzata che non sa reagire nemmeno a situazioni scandalose come i casi di corruzione o di collusione con la malavita di alcuni ministri.

Il ritorno al primato della politica e la riconquista delle sue funzioni da parte dell'opinione pubblica appaiono le condizioni urgenti, primarie e necessarie per un ritorno a una sicura legittimità costituzionale e per un recupero della credibilità del nostro assetto civile. Il Barbarossa seppe uscire dalla crisi considerando realisticamente la situazione che gli si era presentata in seguito alla sconfitta militare e individuando le condizioni di un nuovo equilibrio.

L'Italia minacciata dall'impoverimento e dalla disoccupazione, sull'orlo della disgregazione causata dalle spinte secessionistiche e dall'aggravarsi dell'endemica questione meridionale, narcotizzata dallo scollamento fra una classe politica trasformata in "comitato d'affari" oligarchico e un'opinione pubblica demotivata, deve uscire dalla logica distruttiva della lotta per l'appropriazione del potere da parte di lobby incontrollabili e recuperare fiducia e trasparenza. Queste sono le condizioni per l'apertura di una fase nuova nella nostra vita civile.

LA VITA
Noto con il nome di Barbarossa per il colore di capigliatura e barba, Federico di Hohenstaufen nasce a Waiblingen nel 1122 (o 1124). Sale al trono di Germania il 4 marzo 1152 dopo lo zio Corrado III, ed è incoronato imperatore nel 1155. La sua politica in Germania è caratterizzata dalla conciliazione con i feudatari, in Italia dall'affermazione della supremazia dell'impero sul papato e sui liberi comuni che agivano come stati indipendenti. Dopo aperte ribellioni, tra il 1154 e il 1155 scende in Italia attraverso il Tirolo. Riunisce a Roncaglia (Piacenza) i rappresentanti comunali a lui fedeli per decidere il comportamento da tenere nei confronti di Milano, il libero comune più bellicoso.

Ottiene la restituzione dai comuni ribelli dei diritti regi ("iura regalia") e insedia a Pavia un rappresentante imperiale. Attacca le città ribelli di Chieri, Asti e Tortona e ordina all'esercito il saccheggio di gran parte del Milanese, senza attaccare il capoluogo. Si insedia per cinque mesi a Pavia, dove per ribadire la propria autorità si cinge il capo con la corona reale italica (Corona ferrea, nella foto). Marcia su Roma per essere incoronato imperatore del Sacro romano impero. A causa di disordini scoppiati in Germania, rientra in patria, ma nel 1158 torna in Italia per la lotta contro i comuni. Nella seconda dieta di Roncaglia, rivendica i diritti sui comuni, alcuni dei quali si ribellano.

Distrugge Crema e Milano, causando la ribellione dei comuni vicini, che si riuniscono in una lega. Il nuovo papa Alessandro III sostiene le forze che si oppongono a Barbarossa, il quale, sceso per la quarta volta in Italia, si reca a San Pietro per insediare l'antipapa. Nel 1167, guidata da Alessandro III si costituisce la Lega Lombarda, che con la battaglia di Legnano (nella foto), riesce a ottenere parte delle proprie rivendicazioni. I comuni rilasciano all'imperatore una dichiarazione di vassallaggio, ed è concessa loro una completa autonomia amministrativa e in parte politica. Nel 1189 Barbarossa parte per la III crociata ma durante il viaggio muore accidentalmente affogato in Cilicia (Turchia) nel 1190, attraversando un guado del fiume Salef.

LA FAMIGLIA
Nel 1147 Federico sposa Adelaide di Vohburg, figlia del Margravio di Vohburg. Da questo matrimonio, annullato nel 1153, non nascono figli. Il giorno di Pentecoste 1156, Federico sposa a Würzburg Beatrice di Borgogna, figlia unica del conte di Borgogna Rinaldo III e di Beatrice di Lorena. Federico governa la contea e nel 1177 si fa incoronare re di Arles. Federico ebbe unidici figli da Beatrice.

AL CINEMA, E NON SOLO
Barbarossa è un film del 2009 diretto da Renzo Martinelli sulla vita dell'imperatore e la sua lotta contro i comuni italiani, con Rutger Hauer nella parte del protagonista. L'invasione tedesca dell'Urss nel 1941 fu chiamata Operazione Barbarossa in ricordo di Federico I, cui Umberto Eco dedica molte pagine nel romanzo Baudolino.

Le precedenti puntate sono state: Cosimo de' Medici di Tim Parks (25 luglio), George Orwell di Andrea Romano (27 luglio), Giacomo Matteotti di Sergio Luzzatto (28 luglio), Rabindranath Tagore di Franco La Cecla (29 luglio), il capitano Achab di Davide Rondoni (1 agosto), Caterina da Siena di Alessandro Barbero (3 agosto), Margaret Thatcher di Roberto Perotti (4 agosto), Temistocle Martines di Michele Ainis (5 agosto), Isacco Artom di Franco Debenedetti (7 agosto) e Niccolò Machiavelli di Gabriele Pedullà (8 agosto).

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