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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2010 alle ore 08:42.
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I mercati reagiscono velocemente alle informazioni utili, e, quindi, anche agli annunci delle autorità politiche e monetarie. Nello scenario europeo di questi giorni la volatilità dei tassi d'interesse sui titoli pubblici dei paesi periferici, specialmente di Grecia, Irlanda e Portogallo, è contemporanea ad annunci controversi da parte della Bce e dei capi di stato. Gli uomini di Trichet assicurano che nessun paese dell'Uem potrà mai fallire o ristrutturare il proprio debito, mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel chiede una revisione dei trattati che preveda l'introduzione di un meccanismo di ristrutturazione del debito sovrano con una parziale punizione dei creditori.
La gran parte degli economisti ha fin qui attaccato la Merkel accusandola di gettare benzina sul fuoco. Mettere in dubbio la solvibilità di un paese in un momento di incertezza e di pressioni speculative è, in effetti, un azzardo. Ma basta questa considerazione a risolvere una questione così complessa come quella della stabilità finanziaria del sistema monetario europeo?
La valutazione del debito e della solvibilità di un paese dipende da molti fattori, in parte legati a variabili strutturali, come la crescita e la produttività, in parte legati alla capacità dei governi di contenere le spese e far pagare le tasse ai cittadini. Ogni paese ha una storia e una prospettiva diversa in relazione a questi fattori. Una crisi di debito può deflagrare per varie ragioni. Perché un paese subisce un deterioramento della sua posizione competitiva, a causa di una caduta della produttività o di un aumento del costo del lavoro. Perché, come nel caso irlandese, le istituzioni finanziarie hanno assunto rischi eccessivi, o, come nel caso della Grecia, perché i governi hanno fatto politiche troppo populiste.
In assenza di un qualsiasi accordo sovranazionale di mutuo sostegno, il mercato determina il valore del debito (e i tassi d'interesse) sulla base dei rischi di insolvenza. Ciò limita la capacità dei governi di ricorrere al debito estero e determina un freno all'indebitamento. I creditori hanno tutto l'interesse a dare una valutazione realistica della solvibilità di un paese per evitare i costi del default.