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Questo articolo è stato pubblicato il 04 gennaio 2011 alle ore 08:03.
L'ultima modifica è del 04 gennaio 2011 alle ore 07:35.
Con la quotazione distinta in Borsa di Fiat e di Fiat Industrial si è compiuto, oltre che un passaggio determinante nell'assetto d'impresa, una trasformazione destinata a incidere sulla struttura e sul carattere dell'industria italiana. Scindendo il comparto delle autovetture da quello dei veicoli industriali e delle macchine movimento terra, la Fiat ha definitivamente abbandonato la propria configurazione novecentesca e, insieme con essa, un modello di crescita fondato sull'aggregazione di attività non omogenee. In questo senso, il nostro paese dismette, probabilmente in via definitiva, la forma della conglomerata, che aveva contraddistinto la formazione e lo sviluppo del Gruppo Fiat, facendone quel formidabile aggregato di capacità economica, di potere e di influenza sociale che tutti gli italiani hanno conosciuto.
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Quella forma d'impresa era collegata alla struttura proprietaria dell'azienda, al rilievo di una famiglia che ne ha reso così peculiare l'evoluzione. Dire Fiat per tutto il secolo scorso ha significato evocare una realtà che non era soltanto economica e produttiva perché era in grado di esercitare un ruolo pubblico duttile e pervasivo, connesso alla varietà della sua presenza all'interno della società italiana. Questa storia fuori dell'ordinario, che ha scandito il percorso dell'Italia lungo il XX secolo, è giunta a un punto d'approdo, come ha detto ieri Sergio Marchionne alla Borsa di Milano, in coincidenza con l'avvio di una storia sicuramente diversa, tutta da scrivere.
Non è un caso che l'artefice della scissione della Fiat sia anche il manager che dal suo arrivo a Torino nel 2004 ha potuto avvalersi di un nuovo modello di governance aziendale. In precedenza, la forte personalità di Giovanni Agnelli aveva reso più sfumate e incerte le linee di demarcazione fra la proprietà e il management. Marchionne, subentrato alla Fiat nel momento in cui la sua condizione era più precaria e la sua sorte incerta, ha potuto operare in un quadro in cui è diventata netta la separazione delle responsabilità e delle sfere d'influenza fra l'azionista di riferimento e il manager a cui questi ha concesso la propria fiducia.