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Questo articolo è stato pubblicato il 04 gennaio 2011 alle ore 08:00.
L'ultima modifica è del 04 gennaio 2011 alle ore 07:31.
«La Fiat è capace di produrre vetture con o senza la Fiom». Nella giornata del debutto in Borsa di Fiat Industrial, che ha visto camion e trattori sbarcare anche fisicamente in Piazza Affari, Sergio Marchionne – pungolato dalle domande dei giornalisti – ha rilanciato la polemica sulle relazioni sindacali; l'obiettivo è ancora la confederazione sindacale che si oppone, dopo aver detto no a quello di Pomigliano, all'accordo per Mirafiori (per le reazioni della stessa Fiom si veda l'articolo qui sotto).
Marchionne se la prende però anche con chi ha chiesto a Fiat di rendere noti tutti i dettagli del piano Fabbrica Italia che comprende gli investimenti a Mirafiori e Pomigliano: una richiesta che il manager ha definito «ridicola e offensiva». La domanda era stata formulata, tra gli altri, anche dal responsabile economico del Pd Stefano Fassina, secondo il quale «conoscere i piani industriali è indispensabile per capire quale siano le prospettive per il futuro occupazionale di decine di migliaia di lavoratori.
Fiat ha chiesto pesanti sacrifici ai lavoratori, tuttavia dei 20 miliardi di investimenti propagandati si hanno informazioni soltanto su 1,3 miliardi – 700 milioni su Pomigliano e 600 milioni sulle carrozzerie di Mirafiori, dato che circa 400 milioni sono a carico di Chrysler. Che fine hanno fatto gli altri 18,7 miliardi?. A Pomigliano, lo ricordiamo, verrà prodotta la nuova Panda dalla fine del 2011; da Mirafiori dovrebbero uscire – in base al piano comunicato poco più di un mese fa – berline e Suv con i marchi Alfa Romeo e Jeep.
Marchionne ha allargato ieri il discorso al tema degli investimenti – o piuttosto dei mancati investimenti – in Italia: «C'è una ragione per cui nessuno viene ad investire qui. Sono appena tornato dal Brasile, dove ho inaugurato con Lula (l'ex presidente, ndr) una fabbrica a Pernambuco: non si sarebbe mai permesso nessuno in Brasile di farsi dare i dettagli dell'investimento, non lo fa nessun altro Paese del mondo. Quando servirà mettere gli altri 18 miliardi del piano qui in Italia – ha sottolineato – li metteremo». «Se si dovesse presentare un altro amministratore delegato di una azienda straniera con un assegno di 10 miliardi dicendo di voler investire in Italia, facciamoci collettivamente un grandissimo favore e cerchiamo di non importunarlo con i dettagli di un progetto che viene finanziato da lui e che fa il bene del Paese». Marchionne ha detto di aver trovato «molto incoraggiante» l'atteggiamento del governo, che «ci ha dato tutto l'appoggio necessario per portare avanti il discorso». Da parte del governo c'è stato il riconoscimento che «quello che sta facendo la Fiat è una cosa buona per il Paese».