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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2011 alle ore 08:06.
L'ultima modifica è del 17 febbraio 2011 alle ore 06:40.

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La scommessa internet dipende da chi la fa (Corbis)La scommessa internet dipende da chi la fa (Corbis)

C'è la politica dei princìpi e dell'etica. C'è la politica dell'ideologia, dell'interesse e del fondamentalismo. C'è la politica-spettacolo e c'è la leadership visionaria. C'è l'amministrazione, la rivoluzione, la repressione. E, nel sottotesto di ogni evento, c'è anche la politica politicante. Ebbene: è difficile non vedere un po' di tutto questo anche nelle parole – e nelle reazioni alle parole – che Hillary Clinton, segretario di stato americano, dedica a internet, alla critica della censura e delle limitazioni alla «libertà di connettersi».

Internet è una fantastica macchina dell'innovazione, ma si illude chi ritenga che possa davvero provocare, automaticamente, una semplificazione o addirittura un miglioramento della politica. Resta tutto da interpretare, dunque, il discorso di Clinton: «Internet fomenta tensioni, come del resto lo fa la libertà, ma i benefici superano i costi». Che cos'è questa affermazione? Una convinzione, un'illusione, una scommessa, una mezza verità? La risposta è: tutto questo insieme.
Chi vuole trovare le contraddizioni, nel discorso di Clinton, nota come la sua critica dei regimi autoritari che non lasciano libera la gente di usare la rete si svilisca nel momento in cui si considera come l'amministrazione americana si è prodigata per limitare la libertà di manovra di Wikileaks dopo la pubblicazione dei documenti diplomatici riservati. La risposta – «Wikileaks ha commesso un furto» – in effetti è ancora tutta da dimostrare nelle sedi competenti. Ma già si conosce la linea di difesa: il reo sarebbe chi si è impossessato dei documenti e li ha resi noti, non Wikileaks e i giornali che, come il New York Times, li hanno pubblicati.

Si vedrà come finirà questa questione dal punto di vista legale. Ma il sapore di questa "mezza verità" non annulla l'energia della speranza suscitata dalle vicende del Nord Africa cui ha alluso Clinton. Nei momenti creativi delle rivolte, da Tunisi al Cairo, l'organizzazione delle proteste e la comunicazione dei loro effetti è stata aiutata da internet. E dalla disponibilità dei rappresentanti di alcune aziende ad aiutare le persone ad aggirare le forme di censura che i regimi hanno attuato. L'energia del popolo che si libera da un regime autoritario si è propagata in rete e ha contagiato altri paesi e altri popoli, preoccupando ogni sistema dittatoriale. Ma sarebbe illusorio dimenticare che, come osserva da tempo Evgeny Morozov dal suo blog su Foreign Policy e nel suo libro Net Delusion, la stessa rete può essere usata dai regimi autoritari per scoprire i dissidenti: per aiutarli, i regimi democratici non possono certo limitarsi a confidare nella rete, ma devono sostenerli con mezzi più tradizionali. Se la storia è scritta dai vincitori, la storia resta la stessa: nei libri, nei giornali o su internet.
Insomma, internet consente grandi innovazioni, il cui senso e il cui effetto sono intrinsecamente definiti dalle capacità delle persone che la usano. Chi impara a usarla meglio degli avversari, ne ottiene un vantaggio, in economia, nella società e anche in politica.
Ma non è tutto qui. Perché il discorso di Hillary Clinton non è soltanto fatto di politica politicante, di ideologia e di qualche "mezza verità". È anche una scommessa: Clinton ammette che la libera connessione delle persone provoca benefici e conflitti, ma scommette che alla fine i benefici superino i costi. Il che allude a una possibilità visionaria che va sottolineata.
Perché il modo in cui i benefici superano i costi non è automatico: dipende dalla capacità delle società di migliorare le loro regole, di riformare la loro organizzazione, di innovare il loro modo di edificare la convivenza pacifica. Ha ragione l'ambasciatore David Thorne quando, sul Sole 24 Ore, scrive che si tratta di coniugare le esigenze di trasparenza e privacy, di libertà e sicurezza, tolleranza e armonia. Internet provoca cambiamenti. Ma le culture si adattano. E le culture nelle quali le persone sono più liberamente connesse, si adattano più in fretta – talvolta meglio – alle sfide della loro storia.

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