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Questo articolo è stato pubblicato il 01 marzo 2011 alle ore 09:19.
L'ultima modifica è del 01 marzo 2011 alle ore 09:19.

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Pur essendo una forza rivoluzionaria per molti versi profondamente imperfetta, i talebani rappresentano una minaccia tipica del XXI secolo. Oltre a godere del vantaggio tradizionale dei ribelli che vivono mescolati a una popolazione cui sono strettamente legati per storia e cultura, sfruttano anche la sofisticata tecnologia che collega le vallate isolate e le aspre regioni montuose in un istante, consentendo di proiettare il loro messaggio in tutto il mondo, senza ostacoli di tempo o filtri. Sono profondamente radicati nella complessa società afghana e, allo stesso tempo, incredibilmente agili. E proprio come i loro alleati di al-Qaeda, questi nuovi talebani sono più una rete che un esercito, più una comunità di interesse che una struttura di tipo societario.
Per l'esercito statunitense, di cui ho fatto parte per tutta la vita, non è stato facile arrivare a capirlo. Negli scontri feroci e sanguinosi in Afghanistan e in Iraq, è diventato chiaro per me e molti altri che per sconfiggere un nemico organizzato in rete avremmo dovuto adottare la stessa struttura. Dovevamo trovare un modo per mantenere le nostre tradizionali doti di professionalità, tecnologia e, dove necessario, forza imbattibile, raggiungendo contemporaneamente i livelli di conoscenza, rapidità, precisione e unità dello sforzo che solo una rete può fornire.

La lezione irachena
Quando sono andato in Iraq per la prima volta, nell'ottobre del 2003, per dirigere la Joint Special Operations Task Force (Jsotf) statunitense, creata ad hoc con dimensioni relativamente ridotte nei mesi successivi all'invasione iniziale, ci siamo trovati alle prese con una minaccia sempre più accentuata proveniente da fonti molteplici, ma in particolare da al-Qaeda in Iraq. Abbiamo cominciato a esaminare il nostro nemico e noi stessi, incontrando non poche difficoltà su entrambi i fronti.
Come fin troppe forze militari della storia, inizialmente abbiamo visto il nemico come vedevamo noi stessi. Ma più andavamo a fondo e meno il modello teneva. I luogotenenti di al-Qaeda in Iraq non aspettavano i dispacci dei loro superiori e men che meno gli ordini emanati da bin Laden. Le decisioni non erano centralizzate, ma prese rapidamente e comunicate in tutta l'organizzazione per vie laterali. I combattenti di Zarqawi erano adatti alle loro zone di caccia, come Fallujah e Qaim nella provincia di Anbar, nell'Iraq occidentale, eppure con la tecnologia moderna erano in stretto contatto con il resto della provincia e del paese. Denaro, propaganda e informazioni circolavano a ritmi allarmanti, consentendo un coordinamento agile ed estremamente efficace. Assistevamo ai loro cambi di tattica (dagli attacchi con i razzi alle bombe dei kamikaze, per esempio) quasi simultanei in città distanti fra loro. Era una coreografia letale ottenuta con una struttura in continuo cambiamento, spesso irriconoscibile.

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