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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2011 alle ore 10:01.

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L'impresa è un po' più donnaL'impresa è un po' più donna

Mezzo vuoto o mezzo pieno? Come sempre dipende dal punto di osservazione. Ma alla vigilia della giornata internazionale delle donne - che quest'anno compie il centesimo anniversario - la valutazione del bicchiere prevale positiva. Dal diritto al voto conquistato nel 1946, infatti, le italiane hanno raggiunto numerosi obiettivi: dalla parità salariale del 1960 alla maternità del '71; dalla legge di parità del '77 a quella di pari opportunità del '91; dalla legge sull'imprenditoria femminile del '92 a quella comunitaria sul lavoro notturno del '98. Ed è solo una parte della strada percorsa finora dall'altra metà del cielo: quella che, nel sistema di incentivi alle imprese, viene inserita nelle categorie disagiate. E proprio nel mondo imprenditoriale, questo genere si dimostra tenace e combattivo. «I dati sulle imprese femminili al 31 dicembre 2010 – spiega Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere – confermano la vitalità della componente femminile del tessuto imprenditoriale italiano». Guardando ai numeri, infatti, le imprese in rosa, oltre a dimostrare una maggior tenuta in tempo di crisi, sono aumentate rispetto allo scorso anno. L'incremento più importante – più 5,6 per cento – si è registrato all'interno del mondo dei consorzi, ma un balzo si è avuto anche nelle società di capitale – più 4 per cento – e nelle cooperative – più 3,3 per cento. «Il risultato – aggiunge Dardanello – rispecchia l'efficacia del lavoro delle donne che, in questi anni, si sono impegnate anche all'interno dei comitati per l'imprenditoria femminile istituiti presso le Camere di commercio». Ma c'è sempre l'altra parte del bicchiere, quella da colmare. In un trend positivo che vede aumentare le imprenditrici donne, infatti, non si può dimenticare che queste rappresentano solo un quarto degli imprenditori totali. Una soglia che agisce come una resistenza tecnica anche nelle percentuali di comando delle aziende. Tra i ruoli più rilevanti in termini di comando, le donne pesano solo per il 21 per cento del totale. Su circa 13.500 amministratori delegati, per esempio, una quota di poco meno di 11mila è rappresentata da uomini e di poco più di 2.500 da donne. Per non parlare del ruolo di maggior rappresentanza. Tra i presidenti, infatti, la percentuale di donne è minima, l'11 per cento: cioè meno di due mila su un totale di 17 mila. Va un po' meglio nel ruolo di consigliere delegato: qui, su circa 17mila figure, circa 3.800 sono donne e 13 mila uomini. Quote analoghe nei ruoli di controllo delle società: le donne sindaco rappresentano il 22 per cento del totale, quelle curatore fallimentare il 25 per cento come quelle procuratore.
Le battaglie da affrontare per perorare la causa delle pari opportunità femminili sono ancora molte. Dibattuti gli strumenti da utilizzare per raggiungere l'obiettivo. E mentre in Italia si discute sulle quote rosa, l'Europa lavora per favorire la nascita delle "imprese rosa". «La stessa recentissima rivisitazione dello Small Business Act – conclude Dardanello – va nella direzione di prevedere azioni mirate al sostegno, miglioramento e sviluppo dell'imprenditoria femminile, in considerazione non solo del ruolo economico, ma anche del forte elemento di inclusione e coesione sociale che esse rappresentano».

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