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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2011 alle ore 10:08.

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Domani al posto delle mimose le donne gradirebbero un segnale concreto. Questo continuano a ripetere manager, professioniste e associazioni femminili, impegnate nell'ultimo periodo a sostenere la proposta di legge bipartisan Golfo-Mosca per le quote di genere nella costituzione dei cda. E domani il segnale concreto potrebbe arrivare dalla commissione finanze del Senato.
La scorsa settimana è stato trovato l'accordo sulle sanzioni: il cda o il collegio sindacale che non rispettarà la quota di un terzo riservata al genere meno rappresentato non decadrà subito ma dopo due diffide e un tempo massimo di sette mesi.

Un accordo sembra vicino anche sull'applicazione della legge: la proposta prevedeva l'entrata in vigore sei mesi dopo l'approvazione e a cominciare dal primo rinnovo degli organi societari. L'emendamento del governo, su pressioni di Confindustria, Abi e Ania, prevedeva invece la gradualità dell'applicazione con il raggiungimento della quota entro tre mandati (quindi nove anni). La relatrice della legge al senato, Maria Ida Germontani (Fli), ha proposto il raggiungimento del l'obiettivo in due rinnovi con una prima tappa di un quinto di donne dal 2012 e successivamente un terzo.

Resta il fatto che una particolare attenzione è stata prestata alla stesura della norma e dovrà essere applicata anche agli eventuali emendamenti. Secondo diversi giuristi, infatti, c'è il rischio di una serie di ricorsi se il testo presterà qualche spiraglio. Proprio per questo nella proposta non si parla di "quote rosa", che sarebbero state incostituzionali perché discriminatorie verso gli uomini,ma di quote di genere: vale a dire che la norma ha valore sia che il consiglio sia tutto al maschile, sia che il consiglio sia tutto al femminile. Garantisce, quindi, entrambi i generi. Inoltre, per non risultare incostituzionale la norma è stata studiata in modo che sia temporanea (ha validità per tre mandati) e non perpetua. In questo modo rientra nelle azioni positive previste dalla costituzione per ristabilire una parità sostanziale e non solo formale. (Mo. D.)

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