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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2011 alle ore 13:48.
L'ultima modifica è del 13 marzo 2011 alle ore 08:13.

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S ull'Expo di Milano si sta creando una situazione paradossale. All'inizio sembrava che tutto il futuro della città dipendesse esclusivamente da questo evento. Sono stati versati fiumi di parole (e non è mancata la retorica) dopo il trionfo di Parigi, quando Milano si aggiudicò la kermesse del 2015 superando i rivali turchi di Smirne.

Oggi il quadro si è ribaltato, al limite del disinteresse. Non si ha certezza delle risorse in campo, degli assetti proprietari dell'area, della sua destinazione d'uso, dell'indice di edificabilità. Il sindaco-commissario, Letizia Moratti, forse con la mente già rivolta all'imminente campagna elettorale, sulla questione tace. La società di gestione ha già bruciato un terzo del capitale e, secondo fonti autorevoli, avrebbe un'autonomia finanziaria di poche settimane. L'accordo di programma sulle aree, atteso per marzo, quasi certamente slitterà a giugno (con conseguente blocco delle ruspe). Urge una robusta presa di coscienza collettiva affinché la paralisi attuale non spenga anche l'ultima fiammella dell'entusiasmo e dell'orgoglio iniziali. L'Expo resta un'occasione preziosa per Milano e per l'Italia, una vetrina internazionale di assoluto prestigio. Non sprechiamola.

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