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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2011 alle ore 14:10.
L'ultima modifica è del 13 marzo 2011 alle ore 17:49.

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«Dicono che tutto sia comunque scritto, quindi tanto vale che non sudi, nasci da incendiario, muori da pompiere, dico-no». Così canta un amato cantautore padano, Ligabue (per la verità l'aforisma è dello scrittore piemontese dandy Pitigrilli, ma ormai di lui, salvo forse Umberto Eco, non ci si ricorda più). Negli ultimi tempi questo sembra essere diventato il destino della Lega Nord.

Basta sorsate di acqua del dio Po e meno slogan incendiari: stabilità di governo, federalismo, rispetto del Capo dello Stato sono le parole d'ordine. Maroni sembra capitato per caso alle feste padane, impegnato com'è a scrivere sul blackberry ministeriale mentre parla Bossi e a Calderoli non verrebbe più in mente di mostrare magliette anti-islamiche. La buona o almeno discreta amministrazione di città e regioni contribuisce a rafforzare l'immagine del pompiere. Ma un po' come D'Alema il quale, secondo gli americani, per quanto si contenga non resiste ad avere riflessi condizionati "comunisti", anche i leghisti sembrano talvolta stufarsi di fare i moderati.
Prendete l'assessore veneto all'Agricoltura, Franco Manzato, un signore senza formazione scientifica che se ne esce a proporre una legge che vieti tutti, ma proprio tutti gli Ogm, la cui coltivazione verrebbe punita con una multa fino a 50mila euro se non fatta a fini di ricerca e in serra. Che senso ha una crociata oscurantista come questa? È vero che non bisogna fidarsi ciecamente delle multinazionali, ma ormai esiste un buon consenso nella comunità scientifica che molti Ogm non sono dannosi per la salute. Dalla metà del secolo scorso sono ormai 2.500 le colture geneticamente modificate in agricoltura e soia, mais, cotone e colza capaci di tollerare diversi erbicidi o di produrre tossine che uccidono parassiti sono coltivati in tanti paesi compresa, a certe condizioni, l'Europa. Un politico non è uno scienziato, ma le sue decisioni dovrebbero essere connotate dalla capacità di comprendere i risultati della ricerca scientifica al momento della deliberazione. D'altronde, in un mondo di colture con pesticidi e maiali alla diossina è ovvio che la sicurezza alimentare non è mai un dato acquisito ma su cui vigilare: basta non farlo coi paraocchi (o per convenienze elettorali).

Passiamo a un argomento più leggero, le quote verdi. Verdi? Esatto, sono quelle riservate ai settentrionali nel corpo degli alpini (oggi popolato al 70% da meridionali) che la Lega voleva incoraggiare attraverso incentivi economici bocciati alla Camera per assenze nella maggioranza. Cosa c'è da stupirsi? Dai soldati dal cappello con la penna nera si vuole sentir dire vecio e bocia mica guagliò. Orbene, da un corpo militare cosa ci si aspetta? Che sappia combattere bene e gestire frangenti delicati come quelli delle missioni di pace. Inoltre, gli alpini devono sapersi arrangiare in montagna. Ottimo, niente di meglio, allora, che imporre selezioni individuali attente nonché un addestramento all'altezza. Avere un milanese piuttosto che uno di Roccaraso per svolger il compito non è affatto importante. E l'obiezione non è la solita litania della sinistra (no a soldati di serie A e di serie B), ma che gli italiani in divisa sono individui, capaci o meno, e che solo sulla base della bravura devono essere giudicati per essere arruolati e promossi: ciò consentirà al nostro esercito di essere efficace nella gestione delle risorse scarse a sua disposizione. Ammettiamo pure che in media i giovani di Belluno se la cavino meglio come alpini di quelli di Avellino (il che non è statisticamente provato): questo non elimina il problema della selezione individuale delle reclute e della loro carriera.
Un suggerimento in positivo: la Lega proponga un emendamento per riservare quote verdi all'interno delle quote rosa. Donne padane nei board, perbacco! Non risolverebbe niente se non far risultare ancora più imbarazzante la bizzarra ideologia che pretende di premiare gli esseri umani in base a "categorie" piuttosto che ai meriti.

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