Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2011 alle ore 09:00.
L'ultima modifica è del 15 marzo 2011 alle ore 08:11.

My24
Centrale nucleare TrinoCentrale nucleare Trino

La questione nucleare intreccia di nuovo il suo destino con quello del centrosinistra. In forme che nessuno poteva prevedere fino a una settimana fa e che oggi rischiano di caricarsi di conseguenze politiche per nulla secondarie.

Vediamo i fatti. Dei tre referendum che saranno votati alla metà di giugno, il più significativo sembrava essere quello sul «legittimo impedimento»: un'occasione di mobilitazione per tutti gli anti-Berlusconi e un'opportunità per Di Pietro di ritrovare una parte da primo attore nella commedia italiana. Ma la tragedia del Giappone rimette al centro il tema dell'energia nucleare. E così il secondo referendum voluto dall'Italia dei Valori, formulato per respingere la costruzione di nuovi impianti sul territorio nazionale, diventa cruciale (il terzo quesito, sull'acqua pubblica, resta sullo sfondo).

Oggi sono in pochi a dirsi sicuri che i referendum non raggiungeranno comunque il «quorum». Una settimana fa la grande maggioranza dava per certo il fallimento dei quesiti. Il Giappone ha cambiato completamente la prospettiva. Ora che la Germania ha deciso la moratoria dei vecchi impianti e la Svizzera ha sospeso le procedure per le nuove installazioni, l'Italia è percorsa da una vigorosa ondata emotiva. Del resto, c'erano voluti anni e anni per riassorbire il trauma di Chernobyl, da noi molto più che altrove nell'Europa occidentale. È chiaro che l'allarme a Tokio, se non dovesse rientrare in pochi giorni (e non sembra proprio), determinerà un senso d'angoscia che andrà a scaricarsi sul quesito referendario.

Per il momento la questione mette in difficoltà il governo Berlusconi e tutti i «nuclearisti» italiani. Ieri il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, si è spinta a sostenere che «non cambierà nulla nel programma di rientro dell'Italia nel nucleare europeo». Ma è sembrata un'affermazione un po' troppo ottimista. Qualcosa cambierà: se non altro, nella migliore delle ipotesi, per quanto riguarda gli «standard» di sicurezza, i controlli tecnologici, la scelta dei siti.

Tuttavia gli esiti di questa svolta anti-nucleare nell'opinione pubblica peseranno soprattutto sul profilo del centrosinistra. Se mai i tre referendum dovessero toccare il «quorum» sulla spinta psicologica del Giappone, quel giorno potrebbe costituire un nuovo inizio per il Partito democratico.

Si capisce perché. Il quorum sul nucleare, e di conseguenza la vittoria dei referendari, porterebbe con sé, per effetto di trascinamento, il quorum e la vittoria sul «legittimo impedimento» (oltre che sull'acqua). Sarebbe una sorta di trionfo degli intransigenti, ben rappresentati dal duo Vendola e Di Pietro. L'estrema cautela che caratterizza Bersani e il gruppo dirigente del Pd dovrebbe fare i conti con la realtà. Non a caso un giovane come il lombardo Civati, membro della direzione e fino a qualche tempo fa stretto alleato di Matteo Renzi, ha già detto che il partito deve far sua a viso aperto la battaglia referendaria. Per non rischiare di regalare la svolta ai capi di due formazioni esterne al Pd, l'Italia dei Valori e Sinistra e Libertà.

Di sicuro un nuovo «no» degli italiani al nucleare, raddoppiato dall'abolizione del «legittimo impedimento», cambierebbe il volto del centrosinistra. Renderebbe impossibile allentare il legame anche elettorale con Di Pietro e Vendola. Fin da adesso, peraltro, ci sono deboli margini per qualsiasi dialogo sulla riforma della giustizia tra il Pd e la maggioranza di governo.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi