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Questo articolo è stato pubblicato il 19 marzo 2011 alle ore 09:58.

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Il muro non sarà bianco. L'esposizione del simbolo della fede cristiana nelle scuole non rappresenta una violazione dei diritti dell'uomo. Può rimanere. Così è stato sentenziato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Non c'era una guerra di religione prima, non ci sarà adesso. Certo la questione è molto delicata e tocca le corde più sensibili di un paese (a maggioranza cattolica), della sua cultura e delle sue tradizioni. Anche il fronte politico si è sempre mostrato molto prudente. A destra come a sinistra valgono le parole di buon senso della scrittrice Natalia Ginzburg che da parlamentare della Sinistra indipendente aveva scritto un articolo dal titolo significativo, Non togliete quel crocifisso: è il segno del dolore umano (l'Unità, 25 marzo 1988). Affermava: «La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo?». La sentenza – 15 favorevoli e 2 contrari – era molto attesa dal Vaticano che intravedeva nel muro senza crocifisso un segno della «deriva nichilista dell'Europa». I vescovi italiani si sono espressi con sollievo: «Il crocifisso, con la sua silenziosa presenza negli spazi pubblici, esprime proprio quella "sana laicità" di cui c'è in Europa grande bisogno».

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