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Questo articolo è stato pubblicato il 20 marzo 2011 alle ore 08:14.

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Con il terremoto in Giappone abbiamo scoperto le catene globali di produzione, che si sono bloccate, mentre i prezzi delle materie prime e delle valute ballavano e le esportazioni crollavano. Ci siamo accorti che le fabbriche chiuse dallo tsunami rischiano di bloccare la produzione di auto, tv o pc portatili. Il Giappone produce il 92% dei cambi automatici, la metà dei sistemi di trasmissione per auto, il 100% delle pellicole protettive per schermi a cristalli liquidi, l'89% dei software per videogiochi.

Le catene di produzione globali sono grandi ragnatele sui cui fili corrono componenti, materie prime fino al prodotto finale. Gillian Tett sul Financial Times scrive che per l'Asian Development Bank non è stato semplice capire come sia prodotto l'Iphone: nove imprese attive in paesi diversi e lontani (Usa, Germania, Giappone, Corea, Cina e Taiwan).

La frammentazione geografica della produzione è associata all'abbattimento dei costi e alla ricerca di tecnologie particolari e potrebbe essere vista come un meccanismo di diversificazione dei rischi geopolitici: se ho problemi in un paese, solo una parte del processo produttivo è colpita. Se si rompe il filo esterno di una ragnatela, non è nulla di grave.

Il terremoto del Giappone ricorda che le cose non stanno così. Se si rompe un nodo della ragnatela, anche il ragno casca per terra: ogni pezzo è complemento dell'altro e ha valore solo se unito agli altri nel prodotto finito. Nella manifattura globale, come nei mercati finanziari, esiste un rischio sistemico.

La rapidità di trasmissione non è quella della finanza, ma il problema è lo stesso. Una fabbrica di microchip in un'area sismica espone l'economia alle onde di instabilità globale come i titoli tossici in un mercato mal regolato o un pozzo di petrolio in un territorio politicamente fragile. Tra gli impianti petroliferi in Libia e le fabbriche in Giappone non c'è differenza. Le scelte delle imprese si basano sulle analisi dei trade-off, dei costi e benefici di ogni opzione. Il sistema produttivo globale si è frammentato geograficamente alla ricerca dei costi di produzione più bassi. La frammentazione aumenta la probabilità di non riuscire a mettere tutte le parti insieme: dato che un'auto senza trasmissione sta ferma, il rischio è significativo.

Il costo di ricomporre il puzzle, insegna il Giappone, è stato sottovalutato dalle imprese e dalla spinta verso luoghi di produzione più economici. Come la crisi finanziaria ha dimostrato che il collaterale di un titolo non ha valore se non c'è mercato che lo tratta, così lo tsunami ricorda che un prodotto non ha valore se gli manca un componente fondamentale.

Questa è una buona notizia per i paesi che stanno perdendo pezzi di manifattura e altre attività. La percezione del puzzle e l'aumento dell'avversione al rischio che segue alla catastrofe, avranno effetti centripeti, ridurranno la propensione alla frammentazione e indurranno le aziende a strategie di produzione più integrate.

Sarà soprattutto meno impellente riorganizzare la produzione solo sulla base di criteri di costo. Il monopolio giapponese su alcuni componenti è dettato da ragioni tecnologiche e non da fattori di costo: i condensatori di alluminio si fanno lì perché ci sono le aziende che hanno i brevetti per farli. La tecnologia continuerà a essere un potente driver di dispersione geografica della produzione. Ma allo stesso tempo le attività high-tech hanno una capacità di adattamento e di ripresa straordinaria. La manifattura Giapponese, devastata dal terremoto nel 1995, in un anno aveva ripreso a produrre a piena capacità. La speranza è che anche ora il filo giapponese della ragnatela globale di produzione venga presto riannodato.

barba@unimi.it

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