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Questo articolo è stato pubblicato il 22 marzo 2011 alle ore 08:31.
L'ultima modifica è del 22 marzo 2011 alle ore 06:38.
Che la pressione fiscale in Italia non debba ulteriormente aumentare, ma possibilmente diminuire, è ben chiaro al governo, che l'ha scritto a chiare lettere nella legge delega sul federalismo fiscale. Tuttavia lo sblocco delle addizionali locali, contenuto nell'attuazione di quella delega, ha sollevato legittime preoccupazioni. È perciò opportuno il richiamo pronunciato ieri dal governatore Mario Draghi: il rilancio dei conti pubblici non può passare attraverso l'aumento delle aliquote fiscali perché «comprometterebbe l'obiettivo della crescita» e «sottoporrebbe i contribuenti onesti a una insopportabile vessazione».
Ma Draghi è andato anche oltre, sottolineando che le aliquote «andrebbero piuttosto diminuite, man mano che si recuperano evasione ed elusione».
Un invito che, in quanto formulato dalla sentinella istituzionale dell'euro e dunque del rigore nei bilanci pubblici, merita ancor più di essere ascoltato. Sarebbe un peccato se la bestia onnivora della spesa pubblica vanificasse gli sforzi che si stanno effettuando sul recupero dell'evasione fiscale, divorando anche le nuove entrate. Ogni centesimo che si recupera agli evasori vada a ridurre le imposte sui cittadini che le pagano: al governatore piace, piacerebbe anche agli italiani.
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