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Questo articolo è stato pubblicato il 25 marzo 2011 alle ore 08:53.
L'ultima modifica è del 25 marzo 2011 alle ore 06:38.

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La Consob e le autorità di controllo in generale corrono gli stessi rischi di uno sceriffo che, pur senza pistole, si trova accusato di non far rispettare la legge in città. La sentenza della Cassazione che chiede alla Consob di risarcire degli investitori dopo il fallimento di una Sim è un episodio emblematico di una stagione che può essere ricca d'incognite, senza vantaggi per nessuno.

Dopo la crisi finanziaria, si è aperta una fase nuova, in cui i vigilanti rischiano di fare la fine dei vasi di coccio. Da un lato, sembra emergere una domanda più forte - e sotto certi aspetti eccessiva e illusoria - di tutela del risparmiatore. Dall'altro, l'offerta di protezione è minata alla base da una situazione di confusione dei poteri, sia a livello nazionale che internazionale, che finisce con ridurre le capacità di analisi e d'intervento delle singole autorità, mentre ne rimangono inalterate - se non accentuate - le responsabilità.
È indubbio che, sul piano internazionale, la domanda di protezione dei risparmiatori, soprattutto se sono i cosiddetti piccoli e inconsapevoli, è aumentata all'indomani della crisi finanziaria del 2007-2008. I danni provocati dall'instabilità finanziaria sono stati senza dubbio quelli quantificati dalle perdite economiche. Ma i danni quantificati sono una porzione, forse neanche rilevante, delle più ampie perdite causate alla reputazione di chi i mercati deve vigilare, cioè i controllori.

Le perdite di reputazione dovrebbero colpire solo i vigilanti che hanno sbagliato; e la mente corre subito e soprattutto alle autorità americane e inglesi, non certo alla Consob o alla Banca d'Italia. Nel nostro Paese la stabilità è stata garantita. Ma il clima di sfiducia, soprattutto in mercati come quelli finanziari che appunto sulla fiducia basano le loro fortune, più intossicare anche gli ambienti più sani. Per cui il concetto di tutela dell'investitore deve essere maneggiato con molta cura. La tutela dell'investitore coincide con due sostantivi: trasparenza e correttezza. Chi decide di assumersi il rischio di un investimento finanziario ha il diritto di pretendere due cose: completezza e veridicità delle informazioni; correttezza dei comportamenti degli intermediari, valutati su parametri oggettivi. Nulla di meno, ma anche nulla di più. All'autorità che vigila sui mercati mobiliare certo non si può chiedere irrealistiche garanzie, come ad esempio l'assenza di perdita, parziale o totale del capitale, ovvero l'onniscenza divinatoria sulle qualità intrinseche, di professionalità o di onorabilità, degli intermediari. Quindi un aumento della domanda di regolamentazione può essere comprensibile, purché coerente con i principi del buon funzionamento di un'economia di mercato.

Anche perché l'offerta di regolamentazione è in questo momento affetta da una zoppia strutturale: i poteri di controllo son mal distribuiti alla radice, di nuovo sia sul piano nazionale che su quello internazionale. Il problema, principale e trasversale, è quello delle troppe autorità di controllo. Se una buona vigilanza si basa, come sottolineato, sull'informazione, mercati integrati presuppongono una vigilanza integrata. Troppe authority creano inefficienza - costi elevati - ma soprattutto inefficacia dei controlli. Lo ha dimostrato con tutta evidenza anche la recente crisi finanziaria. Ma invano. Negli Usa la loro foresta pietrificata della pletora di controllori non è stata intaccata, anzi. In Europa abbiamo deciso di non essere da meno, non solo non intaccando i perimetri nazionali di controllo, ma complicando ulteriormente l'architettura aggiungendovi i cosiddetti organismi europei di coordinamento della vigilanza, che dovranno occuparsi di un mondo che non esiste più - diviso tra banche, mercati finanziari e assicurazioni - se non nelle esigenze delle burocrazie di vigilanza che devono preservare competenze (obsolete).

Dulcis in fundo l'Italia, che avrebbe bisogno di un sistema di controllo totalmente semplificato, con due sole authority: la Banca d'Italia per la stabilità e la Consob per la trasparenza e correttezza. Sarebbe la classica rivoluzione copernicana a costo zero, con vantaggi per tutti: vigilanti, vigilati, risparmiatori e investitori. Ma non si farà; c'è chi preferisce un cattivo disegno dei controlli, tanto al massimo ci vanno di mezzo o i risparmiatori o i controllori.

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