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Questo articolo è stato pubblicato il 26 marzo 2011 alle ore 12:43.

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La risposta soffia nel vento e brilla al sole. O almeno così affermano due saggi citati da Brad Plumer in un recente articolo per il New Republic. Gli autori sostengono che entro il 2050 potremmo arrivare ad avere un'economia libera dal nucleare e interamente basata sulle energie rinnovabili.
Facendo riferimento alle ricerche di Mark Jacobson dell'Università di Stanford e di Mark Delucchi dell'Università della California (sede di Davis), Plumer scrive: «La transizione a un'economia basata sulle sole energie rinnovabili sarà un'impresa titanica, ma quanto meno sappiamo che è possibile liberare il mondo dalle emissioni di gas serra senza ricorrere al nucleare (o alle alghe). E il bello è che non dovremo pagare l'energia molto di più di quanto la paghiamo oggi».
Sono sicuro che è tutto corretto, ma sono un pochino scettico riguardo alle stime sui costi, per ragioni legate alla mia storia professionale. Ho cominciato la mia carriera di economista molto tempo fa, nell'estate del 1973, lavorando come assistente per Bill Nordhaus, professore di economia all'Università di Yale.

Nordhaus era all'inizio di una lunga e fortunatissima serie di studi sull'economia delle risorse naturali, e stava cercando un modo per calcolare "appropriatamente" i prezzi dell'energia. Trovò un approccio estremamente elegante, basato sul classico modello di Hotelling per la determinazione del prezzo delle risorse esauribili.
Il modello di Hotelling ipotizza un proprietario di una risorsa che cerca di stabilire se convenga maggiormente lasciare la risorsa dov'è o estrarla subito. L'intuizione fondamentale è che la decisione dipende dalle aspettative sul prezzo netto (il prezzo della risorsa meno il costo marginale dell'estrazione): questo prezzo crescerà più o meno rapidamente del tasso di rendimento d'investimenti alternativi?
Essendo all'epoca l'assistente ricercatore di Nordhaus, passai l'estate del 1973 a lavorare su questo progetto: trascorrevo le giornate nella biblioteca di geologia a leggere circolari dell'Ufficio delle miniere sugli aspetti ingegneristici e i costi delle fonti energetiche alternative. E le notti nel centro computer bevendo il caffè delle macchinette. Insomma, era un paradiso.
Lo studio che produsse Nordhaus era eccezionale, ma si è rivelato decisamente troppo ottimistico. Non era colpa sua né mia: era colpa di quelle circolari dell'Ufficio delle miniere. Che cosa c'era che non andava in quelle circolari? C'era che erano troppo ottimistiche sui costi delle fonti energetiche alternative, specialmente se alternative al petrolio.

In sostanza, gli ingegneri sottovalutavano le difficoltà legate a queste fonti. In seguito, l'economista Marty Weizmann avrebbe formulato una legge: il costo delle energie alternative al petrolio è del 40% superiore al prezzo corrente del petrolio stesso, a prescindere dal prezzo corrente.
Ecco perché sono scettico riguardo a questo nuovo studio sui costi di un'economia basata solo sulle energie rinnovabili.
Per essere onesti, probabilmente oggi conosciamo i costi dell'energia eolica e solare molto meglio di quanto non conoscessimo i costi del petrolio da scisto bituminoso e della liquefazione del carbone nel 1973. L'energia eolica è già una tecnologia largamente usata, e anche l'energia solare concentrata è ben conosciuta. Ma ci saranno sorprese, e non saranno tutte positive.
Nota: la famosa analisi del 1973 di Bill Nordhaus sui prezzi dell'energia è disponibile su brookings.edu.

(Traduzione di Fabio Galimberti)
© 2011 NYT DISTRIBUITO DA NYT SYNDICATE

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