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Questo articolo è stato pubblicato il 30 marzo 2011 alle ore 08:14.
L'ultima modifica è del 30 marzo 2011 alle ore 06:38.

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Il gran discorso di Barack Obama sulla Libia, pronunciato lunedì sera alla National Defence University di Washington, elimina i dubbi sulla sua cangiante dottrina politica internazionale: «Alcune nazioni possono far finta di non vedere le atrocità commesse in altri Paesi. Ma gli Stati Uniti d'America sono diversi. Mi rifiuto, da presidente, di agire soltanto dopo aver visto le immagini di una carneficina e di fosse comuni».

L'Obama che rifiutava il ruolo speciale dell'America nel mondo («Credo nell'eccezionalismo americano, esattamente come gli inglesi credono nell'eccezionalismo britannico e i greci in quello greco», diceva fino a poco tempo fa) ora loda la diversità etica e la superiorità morale del suo paese e spiega che, quando ci sono in gioco gli interessi e i valori americani, gli Usa riescono a superare la loro naturale riluttanza a usare le armi per assumersi la responsabilità di agire da difensori della sicurezza globale e da promotori delle libertà individuali: «Ecco che cosa è accaduto in Libia nelle ultime sei settimane».
Nelle ultime sei settimane è successo anche che Obama ha abbandonato la cautela da realpolitiker per abbracciare la Freedom Agenda di George W. Bush, curandosi di costruire prima le alleanze multilaterali. Il discorso di Obama è un manifesto filosofico, ha scritto il New York Times, a favore degli interventi militari a sostegno dei movimenti democratici del Medio Oriente, del Nord Africa e ovunque nel mondo. «Echi di Bush nel discorso di Obama», ha titolato il principale quotidiano liberal del mondo. Entusiastico anche il commento dei teorici neoconservatori, da Bill Kristol a Bob Kagan.

Da qualche parte, Bill Clinton e Tony Blair avranno sfoggiato un sorriso grande così, per non parlare di Bush. Obama è ufficialmente uno di loro, nonostante sia stato eletto con l'obiettivo di far dimenticare l'interventismo democratico del predecessore e dei suoi alleati. L'America e l'Occidente, ha detto Obama nel discorso, hanno l'obbligo morale d'intervenire per fermare i massacri. Due anni fa, era un politico molto più cauto, più realista, più attento agli specifici interessi nazionali americani. Ovviamente, ha aggiunto lunedì, non si può intervenire sempre e ovunque un dittatore opprima il suo popolo, ma questo non vuol dire che sia sbagliato fare la cosa giusta quando si agisce per scongiurare un massacro.
Obama ha giustificato la guerra umanitaria preventiva e ha addirittura invocato il diritto all'uso unilaterale della forza. Prima di avviare le operazioni in Libia ha costruito un ampio consenso multilaterale, ma nel discorso di Washington ha detto che non esiterà mai «a usare l'esercito in modo rapido, risoluto e unilaterale se fosse necessario difendere il popolo, la nazione, gli alleati e gli interessi».

I ribelli libici hanno il vento della storia che soffia dietro le loro spalle e il mondo sarebbe certamente un posto migliore senza un tiranno come Gheddafi, ha detto Obama – di nuovo con echi bushiani. L'America «aiuterà l'opposizione e lavorerà con le altre nazioni per accelerare il giorno in cui Gheddafi lascerà il potere». Solo un mago riuscirebbe a individuare le differenze col passato.
A questo punto, formulata la dottrina libica, Obama ha dovuto attenuare lo shock dell'ala pacifista del suo schieramento giurando che la Libia non sarà un nuovo Iraq (su cui Obama però nutre grandi speranze), ribadendo che non invierà truppe di terra e promettendo, in modo meno convincente, che l'intervento armato non servirà a cambiare il regime libico.

C'è chi dice che la grandezza politica di Barack Obama sia proprio quella di sfuggire a qualsiasi catalogazione, di mostrarsi irriconoscibile, di posizionarsi sempre a metà strada tra due punti contrapposti. Non c'è argomento come la politica estera dove questa sua caratteristica sia più lampante. Infatti è il Nobel per la Pace che ha triplicato il numero delle truppe in Afghanistan, che ha avviato una campagna di bombardamenti sul Pakistan e che ha iniziato un'operazione bellica contro un dittatore arabo senza nemmeno chiedere l'autorizzazione al Congresso. Obama è stato eletto con una piattaforma di politica estera anti-bushiana, contraria all'ingerenza americana in giro per il mondo. Quell'Obama non c'è più.

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