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Questo articolo è stato pubblicato il 13 aprile 2011 alle ore 09:32.
L'ultima modifica è del 13 aprile 2011 alle ore 09:32.

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Paradossalmente dobbiamo alle conseguenze provocate dalle dottrine neomaltusiane anche la difficoltà di assicurare l'ospitalità dovuta, opportuna e sostenibile, dal punto di vista occupazionale, dei flussi di immigrazione di emergenza contingenti.
Scoraggiando negli ultimi decenni la crescita naturale della popolazione è stato limitato e deformato lo sviluppo economico naturale. Cercando di compensarlo attraverso produttività "labour saving" e l'accelerata delocalizzazione produttiva (per accrescere il potere di acquisto e spingere i consumi), abbiamo anche esportato occupazione produttiva e capacità di crearla.
L'immigrazione, in origine considerata necessaria per compensare esigenze di mano d'opera, nonché considerata necessaria per compensare i costi del welfare dovuti all'invecchiamento della popolazione, rischia oggi di non esser sostenibile. Possiamo prevedere che la crisi in corso, ripeto originata dal crollo della natalità nei paesi ricchi, oltre a provocare conseguenze su entrate fiscali e contributi previdenziali, possa produrre problemi di occupazione all'interno dei paesi e pertanto render più complesso poter assorbire facilmente ed adeguatamente immigrazione esterna.

In più nel nostro paese il processo di immigrazione è stato finora particolarmente accelerato e persino scarsamente valorizzato. È stato accelerato essendo decuplicato il numero di immigrati regolari in soli dieci anni (da 500mila a 5,5milioni), crescendo ad un tasso del 13% annuo.
È stato poco valorizzato perché, se i dati disponibili sono credibili, si direbbe che il contributo fiscale dei regolari assommi a valori di poco superiori a 4-5miliardi di euro all'anno (circa mille euro a testa), mentre i risparmi rimpatriati nel paese di origine (e non investiti in Italia) sono stimati in circa 7-8 miliardi anno (quasi il doppio del contributo fiscale stimato).
Ma il problema potrebbe esser in prospettiva più grave grazie alla crisi in corso e alla domanda di lavoro in potenziale diminuzione. Sospettiamo che la crisi vera non si sia ancora fatta sentire poiché nel nostro paese c'è protezione sociale, c'è la famiglia ed il suo welfare ignorato, c'è ancora tanto risparmio, c'è occupazione sommersa e c'è elevata occupazione presso la Pubblica Amministrazione.

Senza strategie adeguate però tutto ciò potrebbe non esser a lungo sostenibile. E le conseguenze andrebbero a penalizzare ancor più i più vulnerabili, tutti i più vulnerabili. E poiché a noi tutti, che vantiamo radici cristiane nella nostra cultura, dovrebbe interessare, più del potere di acquisto, il "potere di dignità" della persona umana,dovunque sia nato, dovremmo esser concretamente preoccupati.
Dobbiamo riconoscere ancora una volta che, come ci insegna Benedetto XVI in Caritas in Veritate, avendo rifiutato la vita e le nascite e avendo prodotto uno sviluppo economico non integrale bensì consumistico, abbiamo confuso fini e mezzi e lasciato allo strumento economico una innaturale autonomia morale.
Ora, come conseguenza, non solo fatichiamo a sostenere il costo dei nostri troppi "vecchi", ma anche a sostenere l'accoglimento auspicabile di immigrati, disponibili a lavorare e contribuire.

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