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Questo articolo è stato pubblicato il 21 aprile 2011 alle ore 08:06.

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«Non mi rompere più di tanto» è una rappresentazione colorita ma efficace dei costi e benefici dei controlli amministrativi sulle imprese. Nel senso che, se il controllore è assente (non rompe), è facile infrangere le regole. Se invece è troppo presente (rompe tanto), i costi per le imprese e per le amministrazioni sono molto elevati, a scapito della competitività del Paese.

Espressione efficace, però parziale: non ci dice rispetto a cosa il controllore rompe, ossia le regole che deve fare applicare. Qualunque (e assai necessaria) revisione dei meccanismi di controllo degli adempimenti fiscali e amministrativi delle imprese non può infatti prescindere da un'altrettanto radicale revisione del sistema delle regole. L'eccesso di controlli, il vigile urbano che entra dopo la Guardia di Finanza, che a sua volta entra dopo chissà chi, dipende dal fatto che nel nostro Paese le regole e le norme sono troppe, spesso confuse, contraddittorie e molto instabili. Secondo i dati «Doing Business» della Banca mondiale, il tempo necessario a un'impresa per assolvere i propri obblighi fiscali è in media 285 ore all'anno, contro 215 in Germania e 132 in Francia.

Il tempo per ottenere i permessi per costruire un capannone è pari a 257 giorni da noi, 100 in Germania e 137 in Francia, mentre il costo è tra le due e le sette volte superiore ai nostri vicini.
Se la semplificazione normativa ha permesso di ridurre notevolmente il numero di leggi vigenti negli ultimi tre anni, la qualità della produzione legislativa continua a essere bassa, le norme sono poco chiare, spesso contraddittorie e instabili. Secondo la Relazione Annuale della Banca d'Italia del 2007, su 12 Testi unici legislativi approvati in Italia nel periodo 1990-2005, in media in ciascun anno più del 10% degli articoli è stato modificato.

E allo stesso tempo le leggi di conversione dei decreti, ad esempio i «milleproroghe», negli ultimi anni hanno sempre comportato un aumento considerevole dei commi, contribuendo alla difficoltà di interpretazione delle norme.
Come anche ricordato da Marcello Clarich e Bernardo Mattarella in uno studio per il Centro Studi Confindustria, l'inflazione legislativa è soprattutto data da una mancanza di coordinamento tra le diverse leggi e dal loro contenuto frammentario. Molte norme intervengono su materie già regolate, aggiungendosi a quelle preesistenti e così svalutandone l'efficacia normativa.

Dunque, dal punto di vista delle imprese adeguarsi alle regole e alle norme è estremamente complesso, e la probabilità di non applicarle in modo corretto è a sua volta molto elevata. Al contrario, l'attività del controllore rende, in modo lecito per l'Erario e illecito per le tasche, nel senso che trovare qualcuno con le mani nella marmellata è facile. Ne deriva un equilibrio perverso per cui all'eccesso e alla confusione delle regole corrisponde l'eccesso e la confusione dei controlli.
È un po' come per gli autobus. Se il costo per comperare il biglietto è elevato, perché ci sono pochi punti vendita, i passeggeri avranno un incentivo a fare i portoghesi e a tentare la sorte. Per convincere le persone a pagare i biglietti, l'azienda dei trasporti dovrà dunque attuare controlli intensivi. Se invece i biglietti sono distribuiti in modo capillare e facili da reperire, ecco allora che i controlli potranno essere minori.

Questo equilibrio tra semplicità e chiarezza delle norme e intensità dei controlli è essenziale, perché le regole – se fatte bene – ovviamente servono e vanno rispettate. La revisione del sistema di controlli fiscali e amministrativi dovrebbe infatti avere come obiettivo non solo il rafforzamento della competitività, ma anche la definizione di un quadro normativo più efficace e l'emersione del sommerso.
Le piccole imprese in Italia crescono poco anche perché le loro attività e i loro conti sono poco trasparenti. L'accesso al credito e l'interazione con il resto del sistema economico richiedono oggi sempre crescenti gradi di informazioni che gli imprenditori sono riluttanti a fornire. Il dilemma tipico di molti di loro è come accontentare allo stesso tempo banche e Fisco, evidenziando in bilancio profitti sufficienti a ottenere finanziamenti, ma abbastanza bassi da minimizzare gli oneri fiscali.
Una riduzione dei controlli non affiancata da una revisione del quadro normativo porterebbe inevitabilmente ad aumentare il grado di opacità in cui operano molte imprese, con l'effetto perverso di ridurne invece che rafforzarne la competitività.

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