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Questo articolo è stato pubblicato il 21 aprile 2011 alle ore 07:50.
L'ultima modifica è del 21 aprile 2011 alle ore 06:38.

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In una conferenza tenuta a Francoforte il 23 marzo scorso, il Presidente Trichet ha detto che «siamo a metà strada» nel percorso delle riforme necessarie per evitare altre crisi finanziarie gravi come quella che stiamo vivendo. E ha esplicitamente citato tra quanto ancora richiede ulteriori riflessioni il problema delle «istituzioni finanziarie importanti da un punto di vista sistemico».

È questo il modo con cui nell'ultimo anno abbiamo superato la precedente definizione di banche «troppo grandi per fallire». Ma a questo progresso dal punto di vista analitico - ovvio che i problemi non derivano dalla dimensione, ma dal ruolo sistemico di una istituzione finanziaria - non si è ancora accompagnata un'equivalente precisione teorica e pratica. In concreto, come si misura "l'importanza sistemica" di un'istituzione finanziaria, e come si evita che ciò produca - o aggravi - una crisi finanziaria?
È proprio di questo che si sta discutendo in questi giorni a Londra e a Washington e indirettamente la cosa finirà col riguardare anche noi. Proviamo a chiarire i termini della questione.

Sappiamo che alla base della crisi c'è anche la commistione tra banca e finanza che una volta era l'eccezione, ma da vent'anni è diventata la regola. Nel 1999, fu abolita (ma già negli anni precedenti si approvavano eccezioni) quella normativa, la Glass Steagall degli anni 30, che separava nettamente credito bancario e finanza. Una normativa pensata a fini di tutela dei clienti, per evitare - come già si era scoperto allora - che le banche "cartolarizzassero" le partite in sofferenza e così le potessero infilare nei portafogli dei clienti. Ma che aveva indirettamente garantito stabilità al sistema finanziario mondiale.
Dobbiamo tornare a Glass Steagall e separare di nuovo in modo radicale le due istituzioni? O basteranno i "muri interni" che separano le due attività? La "regola di Volcker" che è incorporata nella nuova legge americana si accontenta di questa seconda versione, e lo stesso concetto di separare e proteggere l'attività di banca commerciale è stato adesso proposto a Londra dalla Commissione Vickers. Gli applausi degli interessati non sono mancati, perché ovviamente le grandi istituzioni finanziarie sussidiano con gli utili che fanno con la finanza le attività molto più importanti, ma costose e poco convenienti che fanno gestendo il sistema dei pagamenti e concedendo credito alle imprese di minor dimensione.

È un dibattito questo che aiuta a capire i problemi finanziari del mondo, e che stranamente stiamo lasciando solo agli interessati nel loro quotidiano confronto con le autorità di vigilanza (Banche centrali, Fsa a Londra, Fdic a Washington...). Non se ne è affatto accorta la politica - Parlamenti e Governi - cui pure dovrebbe stare a cuore la ricostruzione di un sistema finanziario più stabile di quello che si è rotto nell'agosto 2007 e che ancora stiamo tenendo insieme grazie alla troppa liquidità messa in circolo dalle Banche centrali.

Non si riuscirà ad iniziare in modo affidabile la pur necessaria exit strategy dalle attuali politiche monetarie di emergenza, fin tanto che non si è chiarito con quali regole nuove deve ripartire l'intermediazione finanziaria. Gli stessi stress test sarà bene rifarli anche tenendo conto di questo aspetto cruciale.

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