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Questo articolo è stato pubblicato il 23 aprile 2011 alle ore 08:14.

Con tutte le follie che ho da commentare qui negli Stati Uniti, finora mi è mancato il tempo per parlare della decisione della Bce, all'inizio di questo mese, di alzare i tassi nonostante il persistere di un'elevatissima disoccupazione.

La prima cosa da dire è che i numeri complessivi dell'Eurozona ricordano molto quelli americani: un andamento anomalo dell'inflazione primaria dovuto ai prezzi delle materie prime, ma un'inflazione di base contenuta e nessun segnale di una spirale prezzi-salari. Pertanto, gli stessi argomenti che consigliano di proseguire con una politica di tassi bassi alla Federal Reserve si applicano alla Bce. E la Bce agisce in modo insensato, alzando i tassi nonostante i suoi stessi funzionari riconoscano che l'aumento dell'inflazione primaria probabilmente è solo un fenomeno temporaneo.

Ma c'è un altro aspetto, specifico dell'euro. Durante gli anni dell'eurobolla, prima del 2008, ci sono stati flussi di capitali ingentissimi verso i Paesi della periferia, che hanno determinato un brusco incremento dei costi rispetto a quelli della Germania. Ora la bolla è scoppiata, e in un modo o nell'altro questo squilibrio dei costi dev'essere corretto. Ma la via per riportare la situazione in equilibrio passa da un'inflazione in Germania o da una deflazione in Spagna? Da un punto di vista paneuropeo, la risposta è sicuramente un po' di entrambe le cose, e considerando che la deflazione ha sempre e dovunque un costo estremamente elevato, il grosso dell'aggiustamento dovrebbe assumere la forma di un incremento dei salari tedeschi, più che di un decremento di quelli spagnoli.

Ma il segnale che la Bce vuole inviare in realtà è che in Germania non sarà tollerata alcuna inflazione, e che tutto il fardello dell'aggiustamento dev'essere scaricato su una deflazione nei Paesi della periferia. Gli euroscettici sono sempre stati dubbiosi sull'idea di una politica monetaria valida per tutti, ma quello a cui stiamo assistendo è peggio: una politica monetaria valida per uno solo, la Germania prima di tutto e nient'altro che la Germania. È la ricetta perfetta per una recessione lunga e dolorosa nei Paesi della periferia: avremo quasi sicuramente default su larga scala, ristrettezze pesanti e maggiori probabilità di una frattura dell'euro. A parte questo, è una politica prudente e ragionevole.

Alcuni lettori non capiscono bene quando sostengo che l'avvento dell'euro ha portato a un calo dei tassi d'interesse nei Paesi della periferia. È una cosa dimostrata dai dati, come si può vedere dal grafico in basso. Quando è nato l'euro, quei Paesi che prima erano costretti a pagare interessi alti sul loro debito si sono ritrovati nelle condizioni di prendere soldi in prestito alle stesse condizioni della Germania, con conseguente, accentuato, calo del costo del capitale.
Il risultato è stato bolle e inflazione; e dopo le bolle e l'inflazione, quello a cui stiamo assistendo adesso.

(Traduzione di Fabio Galimberti)

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