Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 27 aprile 2011 alle ore 08:20.
L'ultima modifica è del 27 aprile 2011 alle ore 08:14.

My24

Il debito pubblico tedesco, per effetto delle revisioni contabili adottate da Eurostat (che Il Sole 24 Ore aveva anticipato alcune settimane fa), è aumentato di colpo nel 2010 di ben 319 miliardi di euro. Si è innalzato così a 2.080 miliardi, primo debito europeo ad andare oltre la soglia dei 2mila miliardi, sorpassando a tutto gas quello italiano.

La notizia è ora ufficiale. Eurostat, con la prima notifica del 2011, ha incluso nel perimetro del debito pubblico dei Paesi Ue le società veicolo che si sono fatte carico dei salvataggi delle banche pericolanti durante la crisi. Ciò ha comportato per la Germania le conseguenze negative maggiori perché il suo debito pubblico in rapporto al Pil è cresciuto dal 73,5% del 2009 e dal 75,7% inizialmente previsto fino allo scorso ottobre per il 2010, al ben più corposo 83,2% definitivo annunciato ieri. Quello tedesco è dunque diventato il terzo debito pubblico lordo più alto del mondo in valore assoluto, scavalcando di 236 miliardi quello dell'Italia, sceso al quarto posto.
Anche il debito pubblico della Gran Bretagna del 2010, previsto in autunno dalla Commissione europea pari al 77,8%, è stato elevato all'80% del Pil. Per non parlare delle "passività contingenti" accumulate da molti Paesi durante la crisi, cioè di quelle garanzie ed emissioni a favore delle banche che per il momento non sono considerate debito pubblico ma che potrebbero diventarlo in futuro, anche soltanto in parte, se le cose dovessero andare storte. Nel 2010 l'Eurostat ha stimato tali "passività contingenti" pari al 24,7% del Pil per la Gran Bretagna, al 125% per l'Irlanda, al 25,1% per la Grecia, al 15,9% per il Belgio, al 5,6% per la Spagna e al 2,8% per la Germania. L'Italia, per inciso, non ha "passività contingenti" di questo tipo.

Se il debito è una specie di crescita "rubata al futuro", cioè alle generazioni che ci seguiranno, è fondamentale capire quanto sta accadendo in questi anni come conseguenza di quella crisi mondiale nata in America i cui mali non sono stati ancora del tutto estirpati, come evidenziato anche in questi giorni dalle inchieste del Sole 24 Ore sul proliferare incontrollato degli strumenti finanziari. Tra le conseguenze della crisi, nata dall'eccesso di debito privato (negli Stati Uniti come in Spagna, in Irlanda come in Gran Bretagna) non vi sono state solo le cadute dei Pil e l'aumento dei disoccupati in tutto il mondo, ma anche la perdita di enormi quote di ricchezza netta delle famiglie, i disastri bancari e i successivi costi pubblici che essi hanno comportato.
Qualche giorno fa il Fondo monetario internazionale nel suo ultimo "Fiscal monitor" ha previsto che nel 2016 il debito pubblico lordo americano toccherà il 112% del Pil: sarà, cioè, non molto distante dai livelli dell'Italia. Tuttavia, il nostro Paese ha i conti delle famiglie in ordine mentre in America essi non lo sono affatto, essendo tuttora completamente sgangherati ad oltre due anni e mezzo dallo scoppio della "bolla" dei subprime. La Germania aveva sinora gestito con una certa "riservatezza" i dissesti dei suoi istituti bancari, ma alla fine i nodi sono venuti al pettine (e forse ancora non del tutto a giudicare dalla riluttanza delle banche dei Länder a sottoporsi agli stress test). Da ieri non soltanto il debito pubblico americano, su cui Standard and Poor's ha recentemente acceso i riflettori, ma anche quello tedesco è diventato ufficialmente un po' più "italiano".

L'Italia, con il debito pubblico della Prima repubblica, aveva "rubato" a se stessa molta della sua crescita futura: un furto di cui ancora oggi scontiamo le conseguenze. Ma è da quasi un ventennio che il nostro Paese ha bloccato la corsa del suo debito pubblico, il cui rapporto con il Pil prima è sceso per poi risalire in questi ultimi anni più che altro per effetto della diminuzione del Pil. Sono ora gli altri Paesi a rubare a se stessi crescita futura con il debito. Prima l'avevano abbondantemente fatto con i debiti privati, che restano assai elevati. Adesso da quei debiti privati origina come conseguenza anche un aumento, senza precedenti in tempi di pace, del debito pubblico.
Nel 2010 il deficit/Pil italiano è stato pari al 4,6%, non molto superiore a quello tedesco, pari al 3,3%, contro il 7% della Francia, il 9,2% della Spagna, il 10,4% della Gran Bretagna e il 10,6% degli Stati Uniti. Ma quasi tutto il deficit dell'Italia consiste nel pagamento degli interessi sul debito pregresso: è ancora, cioè, una conseguenza di quella crescita futura che avevamo rubato alle nuove generazioni negli anni 80. Gli altri Paesi, invece, stanno rubando ora ai loro giovani la crescita futura, come mostrano chiaramente i bilanci primari previsti dall'Fmi per il 2011. Infatti, quest'anno l'Italia sarà l'unico Paese del G-7 a presentare un avanzo primario (0,2% del Pil). Tutti gli altri Stati, dopo i già disastrosi 2009-2010, avranno ancora dei deficit primari, nella maggior parte dei casi assai consistenti: Stati Uniti (9%), Gran Bretagna (5,5%), Francia (3,3%), Giappone (8,6%), Canada (4,1%), Germania (0,3%).
Crescere è indubbiamente importante ma nell'era post-Lehman Brothers tenere in ordine i conti non lo sarà di meno.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi