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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2011 alle ore 06:55.
L'ultima modifica è del 31 maggio 2011 alle ore 08:13.

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Avevamo fatto colazione insieme, ieri, e nulla faceva presagire quello che stava per accadere. Avevamo parlato di tutto. Come era solito fare con gli amici, mi aveva incalzato con mille domande su fatti di attualità, per conoscere il mio punto di vista. La verità è che Biagio Agnes era rimasto un vero giornalista, con un'inesausta curiosità per le persone e le cose.

Quella del giornalista probabilmente era la sua più forte passione, come testimonia il giovanile entusiasmo con cui si è lanciato nella sua ultima impresa di successo: la scuola di giornalismo dell'Università di Salerno di cui è stato ideatore e realizzatore.

Alla spiccata curiosità del giornalista, egli univa un'altrettanto spiccata attitudine a fare, a realizzare. E questo lo ha portato a occupare posizioni di alta responsabilità in grandi aziende: dalla direzione generale della Rai alla presidenza della Stet-Telecom. Non era quello che si chiama un tecnico dell'amministrazione aziendale, né un esperto di management. Ma non lo voleva neppure essere, perché amava le grandi sintesi e rifuggiva dai dettagli. Era piuttosto un imprenditore e dell'imprenditore aveva la fantasia, il coraggio, il gusto della progettualità.

Capace di cogliere subito il nocciolo di qualunque questione, aveva non comuni doti diplomatiche che gli consentivano di trovare sempre soluzioni ragionevoli ed equilibrate. Questa duttilità, però, non riguardava i "principi", sui quali anzi era intransigente; di un'intransigenza tanto più vera perché semplice, naturale, mai ostentata. Ecco, secondo me, questo era il tratto della sua complessa personalità che più colpiva e più si faceva apprezzare.

Biagio era la dimostrazione vivente di come si può essere seri senza essere seriosi, lievi senza essere superficiali; di come si può vivere nel mondo sapendone gustare i piccoli piaceri che esso può dare ma, al tempo stesso, senza lasciarsene condizionare e senza smarrire il senso della loro caducità. In questo era un cattolico esemplare; di una fede sobria, riservata, sempre coerente.

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