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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2011 alle ore 06:39.

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«Noi abbiamo le idee chiare», recita il poster del Partito democratico sul referendum antinucleare. Non altrettanto chiare il partito sembra averle sull'acqua, le idee, a dispetto dei due sì indicati con prevalenza della motivazione tattica di dare il colpo di grazia a Berlusconi.

Paradossale è infatti che i referendum idrici promossi da Di Pietro abbatterebbero a martellate quei modelli di gestioni idriche che si sono affermati proprio nelle regioni rosse e in Toscana in particolare: le società miste, la tariffa idrica che copre i costi operativi e quelli degli investimenti, una totale laicità verso i soci privati, l'introduzione di forme di competizione con le gare.

Certo a sinistra quelle del Pd non sono le uniche contraddizioni. Di Pietro cancella la tariffa che lui stesso aveva contribuito ad approvare da ministro dei Lavori pubblici con il decreto 1° agosto 1996. Quanto ai Verdi, cancellano con il referendum sulla tariffa idrica uno dei principi-chiave delle politiche ambientaliste, la copertura integrale dei costi idrici con la tariffa (full cost recovery). Ma Bersani, padre di molte liberalizzazioni in Italia, ora avalla un referendum che chiude le gare e garantisce lunga vita al sistema strapubblico dell'in house?

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