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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2011 alle ore 09:40.

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Due domande sull'inflazione: che cosa farebbe la Banca centrale europea se fosse la Federal Reserve? Perché recentemente alcuni parametri dell'inflazione inerziale negli Stati Uniti hanno segnato un leggero rialzo?
Rispetto alla prima domanda, Eurostat fornisce un indice dei prezzi al consumo che non include i prezzi dell'energia, dei prodotti alimentari e del tabacco (più o meno come il parametro usato negli Stati Uniti per calcolare l'inflazione inerziale). Se guardiamo alla variazione nell'arco di dodici mesi, vediamo che la zona euro ha un andamento simile a quello degli Stati Uniti, e dunque non c'è nessuna ragione valida per alzare i tassi.

C'è da dire che sul versante della manodopera la situazione è leggermente diversa: in alcune parti d'Europa si registrano carenze di manodopera frutto della bassa mobilità lavorativa e della forte asimmetria della crisi sul Vecchio continente. Ma alzare i tassi per tutta l'Europa perché alcune parti della Germania sono in ripresa è - come già ho scritto - peggio della politica monetaria "a taglia unica per tutti" contro cui mettevano in guardia gli euroscettici. Siamo alla "taglia unica per un'unica nazione". E in Europa ci sarebbero ragioni ancora più forti che in America per rivedere al rialzo l'obiettivo d'inflazione.

Ma torniamo nel Nuovo mondo: l'inflazione inerziale in America di recente è leggermente aumentata. Perché?

Credo che il problema sia nel fatto che l'inflazione inerziale non riesce ad annullare gli effetti transitori dei prezzi volatili: è una misura che esclude gli acquisti di prodotti alimentari ed energia, ma non esclude gli effetti indiretti dei prezzi delle materie prime sui costi.

Una nuova ricerca della Goldman Sachs sembra dare credito a questa ipotesi: lo studio ha riscontrato che l'inflazione inerziale è aumentata temporaneamente a causa dei prezzi delle materie prime importate, e che probabilmente scenderà una volta concluso questo rialzo delle commodity. Tutto questo spinge a ipotizzare che per decidere quali misure applicare ci si dovrebbe basare su una sorta d'inflazione "superinerziale".

Questo parametro dovrebbe essere semplicemente la crescita dei salari? L'economista Adam Posen, della Banca d'Inghilterra, la pensa così e sostiene che il tasso d'inflazione inerziale relativamente alto registrato dalla Gran Bretagna è dovuto a fattori contingenti, e che la stagnazione dei salari indica che i rischi sono limitati.

Sulle politiche adottate dalla Gran Bretagna io sono totalmente d'accordo con Posen. Fissare un target salariale però presenta dei problemi, in primo luogo il fatto che non è il caso di fondare la politica monetaria sul concetto che un aumento dei salari è sempre negativo. Forse si potrebbe risolvere la cosa aggiungendo un adeguamento alla produttività tendenziale.

Comunque sia, la sostanza per il momento è che né la Fed né la Bce hanno motivo di preoccuparsi per l'inflazione. Il guaio è che la Bce non ha nessuna intenzione di mettere in discussione la sua ortodossia.

(Traduzione di Fabio Galimberti)

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