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Questo articolo è stato pubblicato il 05 giugno 2011 alle ore 08:14.

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L'unica cosa positiva dei terremoti è la loro capacità di rivelare informazioni utili sulla geologia più profonda del nostro pianeta. Il Fondo monetario internazionale è appena stato scosso da due forti sismi: l'arresto del suo direttore Dominique Strauss-Kahn e la controversia su chi dovrà sostituirlo. Il secondo sisma ha apportato dati interessanti sul funzionamento del sistema che governa il mondo attuale. Alcuni di tali dati confermano cose che già conoscevamo, mentre altri chiariscono alcune delle nuove realtà relative al potere di questi tempi.
Vi sono due interessanti lezioni derivanti dal fatto, quasi certo, che il prossimo leader dell'Fmi sarà il ministro francese Christine Lagarde. Il processo di selezione è ancora in corso e qualcosa potrebbe impedire al ministro Lagarde di ricoprire l'incarico. Ne dubito. E ne dubita anche la maggioranza degli osservatori ben informati su tale argomento. Sono stato invitato nella sede dell'Fmi a Washington per parlare di questo dinanzi a oltre cento funzionari e dirigenti dell'istituzione. Ho iniziato il mio intervento invitando ad alzare la mano coloro che pensavano che la signora Lagarde non sarà selezionata per l'incarico. Una decina di persone l'ha alzata. Significa che prima del termine del processo di selezione, la stragrande maggioranza degli osservatori crede già di sapere quale sarà l'esito. Il problema non riguarda il fatto che il ministro Lagarde abbia o meno le qualifiche per dirigere l'Fmi (io ritengo che le abbia), bensì il fatto che giunge all'incarico tramite un processo inaccettabile.
Com'è risaputo, nel 1944 gli Stati Uniti e l'Europa convennero che quando il capo dell'Fmi è europeo quello della Banca mondiale è statunitense (e viceversa). Nessun candidato del resto del mondo ha la possibilità di occupare tali incarichi. L'irrazionalità di tale metodo è evidente. Nel 2008 i capi di Stato del G-20 si impegnarono affinché i leader di tali organizzazioni fossero scelti tramite un processo «aperto, trasparente e basato sul merito». Nella pratica, tuttavia, nulla è cambiato. Ed è quanto si deduce dal primo utile promemoria che ci offre il processo dell'Fmi: la ricerca e la detenzione del potere di solito sostituiscono la difesa dei valori e dei principi - e anche il buon senso. Nonostante le eloquenti dichiarazioni e le enfatiche promesse - oltre agli acrobatici tentativi di far apparire il processo più aperto e meritocratico di quanto realmente sia - l'accordo firmato nell'era coloniale continua a imperare nel XXI secolo: l'Europa continuerà a essere al comando dell'Fmi.
Nuovamente il problema non è che si tratti dell'Europa; il problema è come si seleziona il direttore dell'Fmi. L'Europa detiene ancora un'alta percentuale di voti nell'Fmi e li usa. Punto. La sua percentuale è diminuita, ma è ancora alta considerando che si basa sul peso del Continente sull'economia mondiale del 1944. E l'Europa utilizza tale potere ereditato per tutelare in privato privilegi che denuncia in pubblico. La regola che questo ci ricorda è che quando si tratta di potere, le parole non importano: importano i cannoni, le risorse o, come in questo caso, la percentuale di voti che si detiene. Il resto è rumore, retorica e distrazione.
Un'altra lezione che emerge da questo processo dimostra che i nuovi centri del potere mondiale sono tuttora più potenziali che reali. Il gruppo dei Bric (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) compie grandi sforzi per presentarsi dinanzi al mondo come un'alleanza che incarni il nuovo polo del potere economico e politico. In teoria l'opportunità di coordinare le proprie posizioni in merito alla designazione del nuovo direttore dell'Fmi è ideale per mostrare al mondo che vi è nuovo polo in grado di agire in modo concertato. Ma i Bric non ne sono stati capaci e nemmeno ci hanno provato seriamente. Ad esempio, il Brasile, il leader dell'America Latina, non ha trovato motivazioni sufficienti per sostenere sin dall'inizio il candidato messicano altamente competente. E neppure gli altri Paesi hanno dimostrato maggiore interesse nel porre fine all'offensivo accordo tra Stati Uniti ed Europa.
Non v'è dubbio che il mondo ha nuovi centri del potere. Ma in tal caso non hanno saputo, non hanno voluto o non hanno potuto esercitarlo nel modo coordinato in cui lo ha fatto l'Europa. La lezione del sisma dell'Fmi in tal senso insegna che, nonostante ognuno dei Paesi Bric abbia aumentato il proprio potere individuale, come gruppo non sanno o non possono agire in modo unito. Se un giorno ne saranno capaci, avremo un mondo molto diverso.
(Traduzione di Cinzia Montina)
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