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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2011 alle ore 09:02.
L'ultima modifica è del 06 giugno 2011 alle ore 06:39.

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Tra le varie, eterogenee e non sempre coerenti misure adottate dal Governo nel recente decreto sviluppo vi è anche un allentamento delle norme per l'aggiustamento dei tassi bancari. Le nuove norme prevedono un innalzamento dei limiti oltre i quali un tasso è considerato usuraio (con le conseguenze che questo può avere).

L'implicazione è che le banche potranno ora e nei prossimi mesi essere più disposte a finanziare una famiglia o una piccola impresa in cerca di fondi perché potranno, nel concedere il prestito, adattare meglio il tasso alla rischiosità della controparte. Da questo punto di vista è un utile provvedimento (ferme restando le contraddizioni sottolineate da Giampaolo Galli sul Sole 24 Ore dello scorso 5 maggio).
Limitare la discrezionalità di un intermediario nella fissazione dei tassi sui prestiti è un grave errore. Se una banca non può far pagare un tasso più elevato a un debitore più rischioso ha sempre l'opzione di negargli il credito. Stabilire un tetto sui tassi che un intermediario può praticare accresce semplicemente la quota di persone a cui verrà rifiutato il credito gettando le premesse perché queste si rivolgano al mercato usuraio. Quella legge è pertanto sbagliata: non solo non combatte l'usura come demagogicamente pretendeva quando fu adottata agli inizi degli anni '90 ma la aggrava.

Un esempio a sostegno di questa tesi. Negli Stati Uniti l'amministrazione ha imposto ai paylenders - dei piccoli erogatori di credito diffusi un po' ovunque - un tetto al tasso di interesse che possono applicare ai prestiti concessi ai militari. Perché? Perché volevano limitare il ricorso al debito tra i soldati. Il tetto sui tassi era il metodo per indurre i paylenders a negarglielo. Se il tasso che copre per il rischio non è applicabile, il prestito non è profittevole e non viene concesso.
Si può obiettare che da quando la legge è in vigore, l'usura - che nei primi anni '90 e ancor più durante la recessione del 92-94 sembrava infestasse il paese - fa meno parlare di sé e la rilevanza di questo pericoloso fenomeno sembra significativamente ridotta. Ma questo effetto se c'è stato non è dovuto alla legge.

Piuttosto è il riflesso della maggior facilità di accedere al mercato del credito grazie alle forti iniezioni di concorrenza verificatesi a partire dalla metà degli anni '90 che hanno accresciuto notevolmente l'offerta (e ridotto il costo) del credito. Negli anni in cui prosperava l'usura e fino alla metà degli anni '90, su ogni due persone che richiedevano un prestito a una banca, una veniva rispedita indietro e il prestito negato: non è difficile immaginare che non avendo nessun altro cui rivolgersi si rivolgeva agli usurai.
Nel 2000, alcuni anni dopo l'inizio del processo di liberalizzazione e di forte sviluppo del mercato finanziario, solo sei persone su 100 che richiedevano un prestito non riuscivano ad ottenerlo. Perfino nel 2008 durante la peggior crisi economica (e finanziaria) del dopoguerra il tasso di rifiuto del credito era solo la metà di quello prevalente agli inizi degli anni '90 (Indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d'Italia).

È lo sviluppo dell'accesso al mercato del credito che ha mitigato il mercato illegale dell'usura, non la legge. Quest'ultima non aveva senso quando fu adottata e tantomeno ne ha oggi. Non solo perché non aiuta a risolvere e anzi aggrava il problema dell'usura, ma anche perché la sua esistenza crea altre distorsioni. Ad esempio, poiché essa espone un potenziale violatore a un rischio legale, crea un incentivo per le banche a colludere per evitare di incappare nei rigori della legge (si viola le legge se il tasso eccede di un certo ammontare quello medio praticato dalle banche. Questo è più probabile che accada se ad accrescere il tasso è una sola banca anziché tutte; mettendosi d'accordo per aumentare i tassi simultaneamente si limita questo rischio). In secondo luogo, proprio perché la legge impone un costo potenziale agli intermediari, di fatto conferisce al governo potere di pressione sulle banche. Di questo potere non necessariamente se ne fa buon uso e può essere utilizzato per introdurre altre distorsioni in cambio di un allentamento della legge.

Anziché ammorbidirne discrezionalmente la presa, si riconosca l'inutilità di questa legge e la si abolisca del tutto. I tassi praticati sul mercato rifletterebbero meglio il rischio del debitore e la disponibilità a prestare ne risulterebbe accresciuta. Non c'è miglior antidoto contro l'usura di un mercato ufficiale ben funzionante.

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