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Questo articolo è stato pubblicato il 07 giugno 2011 alle ore 08:17.
All'Atalanta o al Siena lo "spaghetti-calcioscommesse" potrebbe costare fino a 30 milioni. A Bergamo e nella città del Palio, naturalmente, i tifosi fanno gli scongiuri e qualcuno si prepara a scendere in piazza per manifestare il proprio disappunto. I due club, d'altro canto, hanno già respinto gli addebiti dichiarandosi semmai parti lese in questa storiaccia.
E se si appurasse, in sede penale e poi federale, una qualche forma di responsabilità dei propri tesserati che li penalizzasse fino a negargli quella promozione che hanno meritatamente (fino a prova contraria) conquistato sul campo avrebbero più di una ragione per pretendere un risarcimento. L'equazione per calcolare l'impatto della retrocessione ha poche variabili: meno soldi dagli sponsor, biglietti a saldo, diritti tv in picchiata libera, ingaggi spalmati su più anni e un "paracadute" dalla A di 4-5 milioni.
Il risultato è, appunto, tra i 20 e i 30 milioni di costi in più per chi è catapultato nel purgatorio della B. E poco cambia che la discesa arrivi per meriti, pardon, demeriti sportivi, o per una punizione propiziata da scorrettezze e scommesse "adulterate". Una cosa, del resto, è sedersi al tavolo della A che vanta un fatturato di due miliardi di euro (vale a dire l'84% di quanto produce il calcio italiano Spa). Altro è accomodarsi al desco della B (ultimo fatturato a quota 287 milioni), altro ancora, come purtroppo rivelano le cronache di questi giorni, a quello della Lega Pro (circa 140 milioni distribuiti fra 90 club).
Ma come incide sul bilancio la retrocessione? Un'attendibile risposta l'hanno fornita Arel, Figc e Pwc, che nel «Report calcio 2011» hanno misurato "in vitro" le conseguenze sui bilanci del passaggio dalla A alla B di due fra i club scivolati in cadetteria nelle ultime tre stagioni. La retrocessione comporta, in genere, una diminuzione del fatturato di circa 20 milioni. Pesa soprattutto il tracollo degli introiti legati ai diritti tv che si riducono in media di 16 milioni, salvo il "paracadute" dei contributi riconosciuti dai team della massima serie. Un calo, ma il quantum qui dipende dall'appeal che la squadra sa conservare e dalla rapidità della risalita, si ha anche alla voce biglietti/abbonamenti e a quella sponsor/merchandising. Sul versante dei costi, invece, alla retrocessione si accompagna una riduzione media dei costi, soprattutto per gli ingaggi, di 10 milioni di euro. In questo modo, il risultato netto post retrocessione si contrae mediamente di 4,5 milioni.
Una verifica empirica di queste statistiche l'hanno già fatta alla Sampdoria retrocessa quest'anno in B dopo otto stagioni al sole. La società dei Garrone, addirittura rotolata dai preliminari di Champions alla serie cadetta, sconta in prospettiva una performance ancora più negativa. Il fatturato potrebbe passare da circa 50 milioni a meno di 20. I ricavi da sponsorizzazioni dovrebbero scendere da 8-9 milioni a 2,5. E dai 34 milioni guadagnati in A per i diritti televisivi venduti collettivamente si dovrebbe passare a 4,5 milioni. Cifra cui si aggiungeranno i 7,5 milioni che la Lega riconosce per la prima stagione alle società che retrocedono e che hanno avuto un'esperienza almeno triennale in serie A.
Insomma, come svela l'indagine di Arel, Figc e Pwv in medio stat virtus. Ad esibire le migliori performance economiche, infatti, in A e in B sono i club che di solito si piazzano tra il sesto e il dodicesimo posto. Questo almeno dicono i bilanci. La vittoria nel "dorato" mondo del calcio costa cara quasi quanto le sconfitte.
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