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Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2011 alle ore 14:35.
L'ultima modifica è del 12 giugno 2011 alle ore 15:02.
Infine, emerge il bisogno di una teologia che unisca queste due fedeltà - al mondo presente e al mondo che verrà -, ponendosi al servizio della ricerca di un nuovo consenso etico, e che sia pertanto eticamente responsabile al più alto livello. La crisi che la coscienza postmoderna sta attraversando si profila in modo peculiare come assenza di riferimenti capaci di motivare l'impegno morale. Il consenso intorno alle fondamentali evidenze etiche, che aveva nutrito gli ideali della formazione della coscienza europea e della nostra Carta costituzionale, in gran parte radicate nei valori della tradizione giudaico-cristiana, ha conosciuto una lenta erosione, che ha fatto posto a tutt'altro consenso organizzato intorno alla logica del maggior profitto.
Il volto della crisi in atto potrebbe identificarsi nella tentazione sottile costituita dal dubbio che vivere onestamente sia inutile. Mai come adesso si richiede uno sforzo collettivo che ispiri la costruzione di un nuovo ordine mondiale e di nuove forme di convivenza civile, grazie a protagonisti nuovi, nutriti di forti motivazioni etiche e pronti a sacrificarsi per gli altri. La teologia cristiana non può chiamarsi fuori da questa urgenza di produrre un nuovo consenso etico: ciò esige che si coniughino efficacemente dogmatica ed etica, il "logos" e l'ethos", la verità e il suo splendore nella storia.
Teologi e pastori sono chiamati a una nuova collaborazione al servizio della Chiesa e della società: non si può ignorare il ruolo pubblico del cristianesimo, e occorre anzi reagire alla tendenza alla privatizzazione sempre più estesa del fatto religioso (come osserva ad esempio Jürgen Habermas in riferimento all'area tedesca e non solo). Una teologia che sia eticamente responsabile aiuterà i credenti a portare nell'impegno comune la ricchezza del loro patrimonio spirituale, la forza di una motivazione morale alta, sostenuta dall'esperienza della fede.
Essi dovranno mostrare in maniera convincente che vivere rettamente è non solo giusto, ma anche necessario e utile alla crescita della casa comune, alla bellezza e dignità della vita di tutti. Solo così il pensiero della fede potrà contribuire alla ricostruzione morale del Paese. «Se vuoi costruire una nave - dice una frase attribuita ad Antoine de Saint-Exupéry - non radunare gli uomini per raccogliere il legno, distribuire i compiti e dare ordini, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito». Vivere e testimoniare sempre di nuovo questa nostalgia è forse il compito più alto chiesto ai cristiani nell'Italia di quest'inizio del terzo millennio.
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