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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2011 alle ore 10:51.
L'ultima modifica è del 18 giugno 2011 alle ore 10:52.

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Che cosa succederà domani a Pontida? Il tradizionale appuntamento del Carroccio questa volta non si limiterà alle braciolate e ai giochi celtici. Il clima da sagra paesana festante degli ultimi anni è offuscato dall'uno-due ricevuto alle elezioni amministrative e al referendum, e difficilmente il raduno si concluderà con il solito entusiasmo unanime: ci sono troppi nodi da sciogliere.
La stangata elettorale ha rimesso in moto tre linee di conflitto latenti da tempo nella Lega Nord: la prima, attiva fin dai suoi esordi, è quella che potremmo definire "territoriale-identitaria", che distingue i veneti dai lombardo-padani; la seconda differenzia i radicali estremisti alla Borghezio dai "politici" alla Maroni; e la terza separa i secessionisti dai federalisti.
Queste tre linee non dividono il Carroccio in due sole componenti contrapposte ma s'intersecano tra loro. Da un lato questo incrocio delle fratture interne è un bene per il partito perché le divisioni non vengono esasperate e una scissione diventa più remota; da un altro è un pericolo perché produce un'elevata frammentazione interna con il conseguente rischio dell'ingovernabilità interna e, al limite, dell'implosione.

La prima linea di frattura è forse la più pericolosa per le sorti del partito: mentre nelle altre due sono in gioco politiche e strategie che alla fine, in qualche modo, si possono comporre, in quella territoriale-identitaria sono in gioco visioni alternative della natura stessa della Lega. Visioni che, fin qui, sull'onda del successo, hanno convissuto tranquillamente, ma che ora possono confliggere. La componente veneta, oltre ad essere la più antica, si fonda su un lavorìo di lungo periodo dedicato al recupero di tradizioni culturali che, per quanto opinabili, affondano però le radici nella storia locale e ne traggono elementi d'identificazione forti.
Al di là, e spesso anche prima della nascita della Liga Veneta (poi federatasi nella Lega Nord), una miriade di associazioni, gruppi, movimenti, centri culturali ha rinverdito i connotati della "nazione veneta". La rivendicazione di autonomia dei leghisti veneti, quindi, non ha solo una connotazione economica ma si fonda su basi identitarie reali.

Le altre componenti della Lega, riassumibili nel compound lombardo-padano, sono prive di un cemento identitario. Per quanti sforzi siano stati fatti negli anni per creare una "Padania promessa" (e Ilvo Diamanti e Roberto Biorcio hanno dato conto di quanto ampie e ramificate siano state le reti associative gettate nel Mord per forgiare una comunità padana) alla fine l'unico mastice è quello economico.
Ma il terreno dell'economico è quanto di più friabile esista in politica: gli interessi vanno e vengono, le identità restano. La divaricazione tra l'identità autonomista forte dei veneti e quella debole dei lombardo-padani diventa visibile e foriera di tensioni solo qualora si associ alle altre linee divisorie interne. Se le pulsioni xenofobe e illiberali alla Borghezio vengono accolte da una di queste due componenti, il solco interno si approfondisce.
Per quanto nel passato i veneti siano stati identificati come "i duri e puri", non è detto che oggi siano i più disposti a dar corso a una radicalizzazione su questa linea. La ragione è semplice: essendo i più radicati territorialmente (governano il 21% dei Comuni veneti contro il 12% in Lombardia e il 3% in Piemonte), e pertanto i più coinvolti nelle responsabilità amministrative e nelle difficoltà quotidiane, sono i meno disposti a rotture traumatiche e fughe in avanti.

D'altro lato, proprio partendo da questo aspetto è possibile intravedere una via d'uscita dall'impasse del Carroccio.
Il partito degli amministratori può essere infatti quell'elemento unificante che trascende le divisioni identitarie, rigetta la deriva estremista e si acconcia a un blando federalismo mettendo nel cassetto le fantasie separatiste. In altri contesti il partito degli amministratori è emerso come una componente decisiva per imporre un cambio di rotta (si pensi alla giovane leva dei borgomastri guidati da Willy Brandt nella socialdemocrazia tedesca della fine degli anni 50).
La scelta referendaria del presidente della Regione Veneto Luca Zaia - andare a votare e votare quattro sì - racchiude in sé tutte le contraddizioni della Lega, e forse indica anche una via d'uscita realista e accomodante. Vedremo se Pontida rappresenterà un momento di chiarimento o se la ritualità populista finirà per accantonare le scelte difficili. Che riguardano gli equilibri interni al Carroccio più che il rapporto con il Governo.

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