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Questo articolo è stato pubblicato il 21 giugno 2011 alle ore 09:59.

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Per Barack Obama le cose non vanno per il meglio sul fronte libico: gli alleati hanno fatto alcuni pasticci militari; i droni americani non sempre azzeccano il bersaglio, un missile lanciato dalle forze Nato ha colpito per errore una casa privata a Souk el-Juma, uno dei quartieri poveri di Tripoli, facendo secondo l'ultimo conteggio 15 vittime civili. Alcuni alleati europei, l'Italia ad esempio, sono sotto pressione politica per chiudere l'operazione libica. Persino il segretario al Pentagono uscente, Bob Gates, ha detto di essere contrario alle guerre di «scelta» rispetto alle guerre di necessità.

Ora il Congresso vuole revocare il diritto di Obama di continuare l'offensiva come l'ha cominciata o comunque limitare il suo raggio d'azione. Fra domani e dopo vi saranno in Parlamento almeno due progetti di legge che vanno in questo senso. Il primo è del deputato repubblicano Joe Heck, che vuole aggiungere un emendamento a un progetto di finanziamento per il Pentagono per tagliare o ridurre drasticamente i fondi alla missione libica a meno che non siano usati per riportare a casa aerei e truppe. Un altro deputato, Dennis Kucinich, democratico dell'Ohio, capofila dei pacifisti, vuole semplicemente chiudere la missione e proporrà un progetto ad hoc. Per ora non ci sono dettagli, ma il passaggio all'azione si è fatto più rapido quando si è saputo nel fine settimana che il presidente aveva respinto il parere giuridico del dipartimento per la Giustizia secondo cui in base al War Powers Act si doveva informare il Congresso delle «ostilità in Libia». In tutto questo il capo della maggioranza alla Camera John Boehner preme per un chiarimento da parte dell'amministrazione, visto che lui stesso aveva chiesto delucidazioni sui pareri giuridici degli esperti dell'amministrazione: Boehner vuole imbarazzare l'amministrazione per non essere stata trasparente sulla questione delle «ostilità» ma non vuole certamente chiudere l'operazione in Libia.

L'imbarazzo per Obama (che dovrebbe tenere un discorso domani) dipende da posizioni diverse all'interno dell'amministrazione. Da una parte due pezzi da novanta, Jeh C. Johnson, l'avvocato del Pentagono, e Caroline D. Krass, responsabile ad interim dell'ufficio legale del Dipartimento della Giustizia, giudicavano l'intervento americano in Libia in contrasto con il War Powers Act. L'elemento chiave riguarda riguarda la definizione di «ostilità». I due ritenevano l'impegno in Libia equivalente a «ostilità». Altri avvocati dell'amministrazione, fra questi Harold Koh (Dipartimento di Stato) e Robert Bauer (Casa Bianca) negavano: in Libia ci sono semplici operazioni di polizia nel rispetto di una risoluzione dell'Onu con attacchi condotti da droni, gli aerei telecomandati e senza soldati attivi sul campo. Ma ora che ci sono morti fra i civili, per l'amministrazione sarà sempre più difficile negare che vi siano ostilità in Libia.

Alla fine, a meno di sorprese, la Casa Bianca la spunterà. Importanti politici democratici e repubblicani hanno chiarito che dire che in Libia non vi siano ostilità è puerile, ma suggeriscono di approvare un atto del Congresso che finanzi e autorizzi questa guerra, che costa all'America dieci milioni di dollari al giorno: «Passiamo una legge ma non tagliamo i fondi per questa offensiva» ha detto il senatore democratico Richard Durbin. E l'autorevole repubblicano Lindsay Graham ha aggiunto: «Il presidente ha fatto un pessimo lavoro di comunicazione, ma io non farò parte del gruppo che vuole togliere fondi all'operazione libica o tagliare i nostri sforzi per cacciare Gheddafi. Se falliamo contro Gheddafi è la fine della Nato». Il senso di responsabilità prevale dunque sulla politica. Il messaggio agli alleati è chiaro, il fronte deve restare compatto fino a quando Gheddafi se ne sarà andato. Persino Bob Gates, che pure era contrario all'inizio all'intervento, ha preso le parti del presidente dicendo che il Congresso commetterebbe un errore nel tagliare i fondi. Obama dunque chiederà scusa per aver ignorato il Congresso. Ma poi la caccia a Gheddafi continuerà.

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