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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2011 alle ore 08:45.
L'ultima modifica è del 24 giugno 2011 alle ore 10:24.

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Riformare il welfare e rilanciare l'economia reale. Noi vogliamo fare la nostra parte, qualcuno è interessato? Dal gennaio dell'anno scorso, cioè da quando è entrata in vigore la riforma della previdenza forense, ripetiamo che per gli avvocati si è aperta una nuova stagione. Abbiamo varato una riforma che, con il sacrificio di tutti, ha messo in sicurezza i conti della Cassa ben oltre i parametri previsti dalla legge ed è in grado di garantire con certezza la pensione anche a chi oggi comincia la professione. Una certezza scritta su tutti i bilanci e certificata da tutti gli organi di controllo.
Per un ente di previdenza garantire il pagamento delle pensioni è la missione essenziale. Ma non l'unica. La seconda gamba del nostro sistema è quella dell'assistenza. Oggi stiamo lavorando per passare da una concezione classica di sostegno ai nostri iscritti in momenti di difficolta, ad una più moderna e dinamica che tenta anche di aiutare glia avvocati a stare sul mercato lungo tutto l'arco della professione.

Noi riteniamo che il welfare attivo, di cui spesso parla il ministro Sacconi, sia un percorso necessario. Un welfare che non sia monopolio dello Stato, o più in generale del settore pubblico, e che invece si strutturi attraverso interventi coordinati con le migliori e più attrezzate realtà private. Cassa forense è certamente una di queste realtà, come peraltro ha spesso riconosciuto lo stesso ministro. Naturalmente, se si attribuisce questo ruolo alle Casse private (o anche solo ad alcune di esse) il processo va realizzato in modo coerente. Se le Casse sono un partner dello Stato nella realizzazione di un sistema di welfare è essenziale pretendere da loro trasparenza, rigore e prudenza nella gestione ma è anche necessario riconoscere il loro contributo alla realizzazione di obiettivi pubblici.
Un riconoscimento che passa in primo luogo da un trattamento fiscale meno penalizzante e discriminatorio dell'attuale Ma non solo, è necessario anche un riconoscimento politico. Nessuno di noi ambisce a dire la propria sull'intera politica economica del governo; chiediamo però che si apra una discussione seria e ufficiale con le libere professioni, per capire quale contributo possono dare al Paese ma anche per mettere finalmente a fuoco i problemi nei quali si trovano a operare. In un Paese civile e moderno i professionisti devono essere considerati per quello che sono: un soggetto essenziale per lo sviluppo dell'economia e la creazione di ricchezza.

A volte ci sembra che su questo terreno avanzi la consapevolezza sul ruolo dei professionisti. Certamente nei progetti di welfare attivo ma anche in alcuni dossier aperti dal ministro Tremonti, penso all'housing sociale ma penso anche alla creazione di un Fondo che contribuisca al rilancio del nostro sistema economico. Chiedere in modo trasparente e paritario la partecipazione, tra gli altri, anche delle Casse private vuol dire aver compreso il loro ruolo. Altre volte, invece, sembrano prevalere antiche tentazioni. Magari fondate su difficoltà reali di alcuni enti tornano all'orizzonte idee dirigiste, voglie dello Stato di controllare tutto e tutto gestire. E chissà che non ci sia qualcuno che pensi di riportare sotto l'ombrello pubblico, magari solo per una questione contabile, enti che nel loro complesso hanno dimostrato di saper fare bene e da soli il loro mestiere. Contro ipotesi di questo tipo la nostra opposizione è assoluta: l'autonomia delle Casse è un bene non solo per i professionisti, ma per l'intero Paese.

* Presidente di Cassa forense

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