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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2011 alle ore 17:19.

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Depotenziare i rating delle agenzie, limitare e/o tassare le attività speculative, eliminare gli stress test. Sono queste le tre strade urgenti che Bruxelles e Roma - ciascuna per la sua parte - devono annunziare e poi subito mettere in atto per ridurre la destabilizzazione sui mercati finanziari, che danneggia in modo iniquo Paesi, imprese e banche, a partire dall'Italia. Altrimenti, che governanti ed autorità la smettano di versare lacrime di coccodrillo, in quanto la volatilità nasce in primo luogo dalla loro ignavia.
La crisi finanziaria, esplosa nel 2008 e terminata - almeno per ora - nel 2009, avrebbe dovuto insegnare ai politici ed alle autorità di controllo che esiste un bene pubblico - la stabilità finanziaria - che può essere danneggiata dagli effetti - esternalità - di attività private. Per cui tali attività vanno regolamentate. Almeno due di queste attività hanno ripreso a mostrare la loro potenziale tossicità in questi giorni.

Il primo mercato che va urgentemente riformato è quello del rating delle agenzie. Il rating è la produzione privata di un servizio che nasce da una genuina domanda privata di informazioni. L'attività delle agenzie è potenzialmente virtuosa per due ragioni. La prima funzione è quella di dare informazioni, attraverso l'emissione dei rating (giudizi) agli investitori sulle probabilità di fallimento dei soggetti emittenti che chiedono capitali: imprese, banche e stati. La seconda funzione è quella di incentivare comportamenti virtuosi negli stessi emittenti, attraverso l'emissione di outlook (ipotesi di revisione dei giudizi).
Ora però queste due potenziali effetti positivi rischiano di essere superati dall'esternalità che il merito ed il metodo di rating e outlook provocano oramai nei mercati, in termini di eccesso di volatilità, causa a sua volta di inefficienze ed iniquità. L'esternalità nasce soprattutto - ma non solo - dall'uso irresponsabile che politici, autorità e gli stessi investitori hanno fatto dei rating, che di fatto hanno delegato alle agenzie la formulazione di giudizi e valutazioni, che hanno finito per divenire improprie. I principali responsabili sono i politici che hanno inserito i rating nelle regolamentazioni, e le autorità che li hanno assecondati. La deresponsabilizzazione faceva comodo ad entrambi. Ora occorre voltare pagina in fretta. I rating devono essere riportati a quello che sono: giudizi parziali e limitati di soggetti privati che li vendono a richiesta, e li fanno anche non a richiesta, spinti dalla necessità di trovare clienti. Niente di più. Per cui occorre eliminare il ruolo dei rating da ogni forma di regolamentazione. La strada scelta dall'Europa, fatta di registrazioni e di ipotetici controlli, è sbagliata: non bisogna aumentare il grado di pubblicizzazione, occorre eliminarlo del tutto. In attesa di tale riforma, fin da subito le autorità nazionali - come la Consob - hanno il dovere ed i mezzi per limitare gli effetti destabilizzanti di rating ed outlook.

In contemporanea, sarebbe opportuno che il depotenziamento dei rating coinvolgesse anche gli investitori istituzionali, i quali in quanto a deresponsabilizzazione non sono certo secondi a politici ed autorità di controllo. Gli investitori istituzionali sono tipicamente soggetti che allocano soldi di altri: la loro remunerazione è legata alle capacità ed all'impegno profuso nell'allocare al meglio le risorse altrui. Ma se tali soggetti svolgono la loro attività riempiendo i propri statuti e regolamenti di automatismi legati appunto ai rating, forse i loro clienti farebbero meglio a pagare le agenzie, non loro.
Il secondo mercato che deve essere senza indugio regolamentato è quello di tutte le attività finanziarie puramente speculative: a partire dalle vendite allo scoperto e finendo ai derivati con finalità non assicurative. Anche in questo caso, abbiamo delle legittime attività private che però, più di altre, presentano rischi sistemici elevati. Per fronteggiare le attività ad alto rischio sistemico ci sono due strade: vietare o tassare. Non far nulla - come è stato finora - è una pericolosa non scelta.

Infine, il rischio sistemico può nascere da attività pubbliche sbagliate. E' questo il caso dei cosiddetti stress test. Gli stress test sono una ulteriore forma di deresponsabilizzazione delle autorità di controllo. Gli stress test producono informazioni che nasce da una selezione arbitraria di intermediari - mentre invece dovrebbe riguardarli tutti - sottoposti ad esperimenti comuni - mentre invece dovrebbero essere differenziati - che producono risultati pubblici - che invece dovrebbero essere per definizione riservati. Il risultato finale sono informazioni che se va bene sono inutili - come ampiamente dimostrato finora - e se va male solo addirittura controproducenti, sia prima che dopo. Vogliamo allora risparmiare nelle prossime settimane nuove occasioni di turbolenza, almeno sospendendo la pratica degli stress test? Oppure politici e vigilanti, applicando il borbonico detto «facite ammuina», devono comunque far finta di muoversi, anche se rischia di produrre danni?

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