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Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2011 alle ore 08:20.
L'ultima modifica è del 11 luglio 2011 alle ore 08:45.

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L'Europa sta affrontando una crisi costituzionale. Nessuno sembra avere la forza di imporre una soluzione efficace per risolvere la crisi debitoria dei Paesi periferici. Invece di ristrutturare i debiti palesemente insostenibili di Portogallo, Irlanda e Grecia (Pig), politici e policy maker fanno pressioni per ottenere pacchetti di salvataggio sempre più ampi, che prevedono condizioni di austerità sempre meno realistiche. Sfortunatamente non solo "tirano per le lunghe", sembra addirittura che la situazione stia sfuggendo loro di mano.

Per il momento, il problema è ancora gestibile dal punto di vista economico. La crescita dell'Eurozona è buona e i Pig rappresentano solo il 6% del Pil totale. Ma sostenendo ostinatamente che tali Paesi stanno affrontando una crisi di liquidità e non un problema di solvenza, le autorità europee stanno mettendo a rischio l'intero sistema. Le principali economie dell'Eurozona come Spagna e Italia hanno enormi problemi debitori a livello domestico, soprattutto considerando la crescita anemica e l'evidente mancanza di competitività.

L'ultima cosa di cui hanno bisogno è far credere alla gente che sia già in atto un'implicita transfer-union, ossia un'unione monetaria che si limita a trasferire risorse, e che le riforme e la ristrutturazione economica possono attendere.

Secondo le autorità dell'Unione europea sarebbe catastrofico ristrutturare i debiti di qualsiasi membro secondo logiche predefinite. È indubbio che il contagio continuerà a permanere dopo la ristrutturazione greca. Cesserà di diffondersi solo nel momento in cui la Germania costruirà un solido e credibile muro, presumibilmente intorno al debito del governo centrale spagnolo e italiano. Questo è esattamente il tipo di soluzione pratica che si auspica in un'area valutaria realmente integrata. Allora, perché i leader europei considerano inconcepibile questa soluzione intermedia?

Forse perché credono di non avere a disposizione meccanismi di governance atti a prendere decisioni importanti e a distinguere gli interventi migliori da quelli fallimentari. Le deboli e frazionate istituzioni dell'Unione europea dispongono di entrate tributarie inferiori al 2% del Pil europeo. Qualsiasi decisione ardita richiede l'unanimità. Il motto è "tutti per uno, uno per tutti", a prescindere dalla portata, dalla posizione debitoria e dalla trasparenza. Non ha senso stabilire un "piano B" se non c'è l'autorità o la capacità di eseguirlo. L'Europa avrà fortuna? Esiste la possibilità che debito, disfunzioni e dubbi si arrestino senza conseguenze prima di crescere a dismisura?

In mezzo a tanta incertezza, tutto è possibile. Se nei prossimi anni la crescita dell'Eurozona registrerà performance positive rispetto alle aspettative, i bilanci delle banche si rafforzeranno e le tasche dei contribuenti tedeschi si svuoteranno ancora di più. I Paesi periferici potrebbero attraversare una fase di crescita moderata per sostenere i loro ambiziosi impegni di austerità.

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