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Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2011 alle ore 08:25.
L'ultima modifica è del 12 luglio 2011 alle ore 08:55.

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Quando nel 1946 Alcide De Gasperi parlò alla Conferenza di pace di Parigi non aveva dalla sua parte solo la cortesia dei vincitori, ma anche la credibilità di un uomo che aveva conosciuto la galera per la sua opposizione alla tirannide fascista.

Il Paese era prostrato, ma la credibilità di cui gran parte della nostra classe politica di allora godeva permise all'Italia di essere accettata nel consesso delle nazioni occidentali, gettando le basi del miracolo economico. Nonostante il benessere raggiunto, oggi il nostro Paese agli occhi della comunità internazionale manca proprio di credibilità. La scarsità di questa risorsa, consolidatasi nei decenni, è senza dubbio diventata una caratteristica di fondo dell'Italia.

Secondo i dati dell'Eurobarometro, tra i manager dei principali Paesi europei gli italiani sono quelli che godono della minor fiducia da parte dei loro colleghi. Tra i popoli della vecchia Europa gli italiani sono secondi solo ai greci per il grado di sfiducia che generano. Ma questo difetto di credibilità oggi è amplificato drammaticamente dal quadro politico. È un dato che prende corpo nell'opinione pubblica internazionale e riguarda direttamente l'affidabilità della classe politica che, dal presidente del Consiglio in giù, si trova al centro di indagini giudiziarie con ministri e sottosegretari costretti alle dimissioni.

Questa mancanza di credibilità e fiducia non è solo un problema politico, ma anche economico. I Paesi che non generano fiducia sono in grado di esportare meno, attraggono meno investimenti esteri e sono meno capaci di sviluppare grandi imprese.

In un mondo in cui la ricchezza è sempre più composta da beni intangibili (brevetti, segreti industriali, informazioni privilegiate) e dove la complessità accresce la necessità di ricorrere alla delega, la fiducia diventa sempre più una precondizione per fare affari. Nel comprare una valvola per un impianto nucleare, non posso permettermi il rischio che non sia affidabile. Il minimo dubbio sulla controparte mi induce a scegliere un altro fornitore.

Nel condividere i miei segreti industriali con un partner, non posso permettermi un dubbio sulla sua onestà. Appena li nutro, la partnership è finita. Nell'effettuare in tempi brevi grandi transazioni, non posso dubitare dell'onestà del venditore. Nella primavera del 2008 Warren Buffett decise di non investire in Lehman Brothers quando scoprì che Dick Fuld, l'amministratore delegato della società, non era stato completamente trasparente nella trattativa. Buffett giudicò (correttamente) che chi non è onesto nel poco a maggior ragione non è onesto nel molto.

La fiducia è particolarmente importante in tutte quelle situazioni in cui il beneficio derivante dal fidarsi a ragione di una controparte dubbia è limitato, ma la perdita causata dal fidarsi erroneamente è enorme, come nel caso di un impianto nucleare. Per questo la fiducia è particolarmente importante nel mercato del credito. La perdita che posso subire nel prestare a un debitore disonesto è di gran lunga maggiore del beneficio che posso trarre dal prestare ad un prenditore onesto. Per questo il mercato del credito è particolarmente sensibile alle crisi di fiducia. Alcuni lo chiamano panico, ma non c'è nulla di irrazionale nel maturare convinzioni da piccoli segnali, soprattutto quando il costo di non farlo può essere elevatissimo.

Venerdì scorso i titoli di Stato italiani sono stati colpiti da una di queste crisi di fiducia. Ieri la sfiducia è stata confermata ed estesa. Né panico, né tantomeno cospirazione internazionale contro l'Italia, ma solo ordinaria interpretazione delle notizie. Per la consuetudine con cui gli analisti americani guardano i fatti, se l'ex braccio destro del ministro Tremonti è accusato di corruzione e il ministro è ospite a casa sua, l'intero Paese e i suoi conti sono messi in dubbio. L'Italia non è la Grecia, da tutti i punti di vista. Ma il dato politico influenza il giudizio esterno. Perché, si domandano gli osservatori, l'Italia dovrebbe essere diversa? Realisticamente sono questi i pensieri che serpeggiano tra i detentori del nostro debito pubblico. In queste condizioni sorprende solo che il crollo sia stato tutto sommato limitato.

La trasparenza non paga solo in termini di credibilità, ma anche di solidarietà. I tedeschi sono molto più disponibili ad aiutare l'Irlanda di quanto lo siano ad aiutare la Grecia, perché la Grecia ha mentito. L'unica attenuante è che le colpe appartengono al Governo precedente e Papandreou cerca di accreditarsi ai partner europei, come fece De Gasperi, come il volto della nuova Grecia. Abbiamo anche noi bisogno di credibilità, di persone credibili. Non è importante se abbiamo un Governo di destra o di sinistra. L'attuale destra e l'attuale sinistra soffrono, purtroppo, dello stesso deficit di credibilità nei confronti degli italiani e della comunità internazionale. Bisogna ricostruire un capitale di credibilità e fiducia, come fecero i nostri padri costituenti dopo l'esperienza del fascismo. Nuove basi perché il mondo creda che il nostro debito venga ripagato e gli italiani credano che questo verrà fatto in modo equo. Senza questa credibilità e fiducia l'Italia non può sopravvivere in Europa.

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