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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2011 alle ore 08:36.
Condannati a crescere a rilento per mancanza di una politica industriale coraggiosa. Ieri l'Istat, nella rilevazione di maggio, ha comunicato che il fatturato dell'industria si è contratto, al netto della stagionalità, dell'1,7% rispetto al mese precedente, mentre gli ordini sono rimbalzati del 4,1% su base congiunturale. Nemmeno il potente traino dell'export (+15,4%) è servito a colorare di nero il dato sul fatturato, penalizzato da un mercato interno troppo debole.
Arrivati quasi a metà dell'anno, questa è l'ennesima conferma che la crescita del Pil nel 2011 non andrà oltre l'1%, la questione nodale su cui dovrà confrontarsi l'intero Paese. A maggior ragione perché non si riuscirà a creare nuova occupazione. Dati altalenanti, dunque, che evidenziano una ripresa endemicamente debole, espressione inequivocabile di una anemia produttiva a livelli di guardia. Le difficoltà esistono, ma occorre saper osare di più: per dare linfa sostanziosa alle imprese, con scelte strategiche in materia fiscale e in favore della ricerca. Tra gli ingredienti della competizione globale, sicuramente, vi sono il fiuto e la creatività, ma servono come il pane misure strutturali di sistema.
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