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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2011 alle ore 14:24.

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Il Consiglio europeo di giovedì scorso non ci ha dato l'eurobond, che molti di noi avevano chiesto come incarnazione di quella garanzia finalmente collettiva dei debiti nazionali, che avrebbe tranquillizzato i mercati una volte per tutte. Ma ci è andato vicino, tanto vicino che i mercati si sono in effetti tranquillizzati e l'eurobond appare oggi un secondo passo destinato a venire dopo quello che si è appena fatto.

Piace alla politica dipingere la riconduzione dei mercati alla normalità come un colpo inferto alla speculazione. La speculazione indubbiamente c'è stata, ma ciò che davvero doveva essere fugato e che pesava più di tutto era la paura; una paura sempre più diffusa, che aveva allontanato fondi e risparmiatori dai titoli pubblici dei paesi più indebitati ( e non della Grecia soltanto) e che nasceva dal vero trauma di questa nuova stagione finanziaria, la scoperta che anche gli Stati possono fallire e i titoli pubblici sono quindi assets a rischio come tutti gli altri.

Speculazione o paura che fosse, la risposta che i Governi dovevano dare era comunque la stessa: dimostrarsi solidali fino in fondo con gli Stati dell'Eurozona in difficoltà, pronti non solo a garantirli, ma a metterli in condizione di ricondurre a dimensioni ragionevoli debiti che l'irrazionalità del mercato aveva innalzato a livelli insostenibili e ad evitarne così concretamente il fallimento. È quello che è stato fatto giovedì nei confronti della Grecia e che, almeno per la parte prestiti, sarà esteso anche a Portogallo e Irlanda («I tassi e le scadenze di prestito dell'Efsf convenuti per la Grecia saranno applicati anche al Portogallo e all'Irlanda», si legge nelle conclusioni del Consiglio). La paura è passata e la speculazione, se c'era, ha capito che l'Eurozona non era un carciofo che gli Stati membri le avrebbero consentito di mangiarsi foglia a foglia.

Si è giunti al risultato con un insieme di strumenti affidati al Fondo europeo di stabilità (Efsf) - prestiti a tasso normale e a lunga scadenza, emissione di titoli, acquisto di titoli sul mercato secondario - più gli scambi di titoli e le altre operazioni facilitanti dei creditori privati.

Non si è arrivati all'eurobond anche perché l'Efsf è una struttura servente degli Stati partecipanti ed è perciò finanziariamente coperta da loro individuali garanzie pro quota. Ma quando i suoi compiti verranno ereditati dall'Fsm, il Meccanismo per la stabilità finanziaria del quale è già stata decisa la costituzione, questo opererà in proprio in quanto dotato di autonoma personalità giuridica e i suoi bonds saranno necessariamente eurobonds.

È successo dunque qualcosa di finanziariamente e politicamente importante in sede europea. Sotto la spinta di una necessità sempre più impellente, una dieta di leaders nazionali incerti e a lungo incapaci di adottare decisioni all'altezza dei problemi comuni da risolvere, è riuscita a diventare la prefigurazione di un governo europeo e a farsi percepire e rispettare come tale. Vedremo nei prossimi giorni se, a dispetto della ritrovata tranquillità già emersa fra gli operatori, il giudizio critico di Fitch, un'agenzia di rating, potrà cambiare nuovamente il clima. Fitch insiste sulla natura di default selettivo del riscadenzamento e di altri meccanismi di favore consentiti alla Grecia sia dai governi che dalle banche, un argomento prima sostenuto dalla stessa Banca Centrale europea. Fitch tuttavia non è il mercato e nel mercato potrebbe prevalere la semplice verità che certo così qualcosa ci si perde, ma la Grecia alla fine non fallisce.

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