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Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2011 alle ore 07:59.

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«Non voglio fare il federalismo contro qualcuno, voglio farlo bene». Il programma d'intenti annunciato mesi fa dal ministro Roberto Calderoli era chiaro, ma ha dovuto fare i conti con una realtà che non sempre è andata nella stessa direzione. Fino all'incrocio pericoloso con la manovra, che ha rovinato la "festa" al varo dell'ultimo decreto "core" della riforma, con il via libera oggi in Consiglio dei ministri al provvedimento su premi e sanzioni.

Nella sua versione finale, il decreto legislativo punta più sulle penalità che sugli incentivi, e mescola buone idee a molte dichiarazioni di principio. È giusto (anche se un po' fuori delega) chiedere trasparenza e costi standard anche ai ministeri, ma resta da capire come si potrà applicare la «sfiducia individuale» al ministro che sfora i target. Anche l'espulsione decennale per governatori, presidenti e sindaci che gestiscono troppo allegramente i soldi pubblici è attesa alla prova dei fatti: nel caso degli enti locali, per esempio, scatta se il Comune o la Provincia finisce in dissesto e la Corte dei conti certifica che il crack è causato dai danni prodotti dagli amministratori. Ottimo, con un solo problema: da quando non c'è più il ripiano statale, in Italia non finisce in dissesto quasi più nessuno.

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