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Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2011 alle ore 08:06.

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Dopo i sorprendenti risultati delle elezioni amministrative e dei referendum, pare che tra le forze politiche, compresa la Lega Nord, si stia facendo strada l'idea di liberarsi della pessima legge elettorale che ha così gravemente alterato la nostra democrazia parlamentare.

Stefano Passigli e un nutrito gruppo di studiosi hanno deciso di cercare i consensi necessari per un referendum abrogativo del premio di maggioranza della legge elettorale vigente, abrogazione che ci darebbe un sistema elettorale pienamente proporzionale; e non è un segreto che nel Pd è prevalente l'idea, errata, che solo un sistema elettorale a collegi uninominali a un turno, o a doppio turno, più l'eventuale secondo voto del sistema australiano, sia idoneo a preservare il bipolarismo. Errata perché anche un sistema proporzionale alla spagnola, con collegi uninominali molto piccoli, che favoriscono i grandi partiti, o un sistema come quello tedesco di proporzionale con metà di collegi uninominali e una rigorosa soglia di sbarramento della frammentazione possano alimentare il bipolarismo.

Credo che prima di imbarcarsi a cercare il sistema elettorale alternativo a quello vigente, sarebbe necessario alle nostre forze politiche chiarire la loro posizione su una questione preliminare.
I sistemi elettorali maggioritario o proporzionali sono soprattutto espressione di due culture alternative che indicano due modi diversi di governare il pluralismo politico insopprimibile nella società contemporanea.
Il proporzionalismo difende le diverse identità delle forze politiche e affida la formazione della coesione e della stabilità del Governo alle trattative parlamentari dopo le elezioni.
Il maggioritario invece non cancella il pluralismo politico, ma lo integra in una dialettica interna agli schieramenti alternativi che si contendono la guida del Governo davanti al corpo elettorale.

Per esempio, quando nel partito repubblicano americano è emersa prevalente la corrente del cosiddetto "neo conservatorismo" fatto proprio dal presidente Bush, il "neo conservatorismo", dei Wolfowitz e dei Rumsfeld, i repubblicani della vecchia tradizione Baker, Scowcroft, Kissinger non hanno avuto la tentazione di uscire dal partito e fare
un'altra forza politica: si sono impegnati in una battaglia interna di minoranza.
Così nel partito labourista inglese quando Tony Blair e Gordon Brown, ispirati da Anthony Giddens, sono passati alla guida dei cosiddetto "new labour", i capi dei sindacati, che sono la spina dorsale del labourismo,
a partire da Scargill, non hanno lasciato il partito ma si sono collocati in una posizione di minoranza. È chiaro che senza questa scelta di fondo da parte delle forze politiche sulla "cultura" alla quale devono ispirarsi il problema della scelta del sistema elettorale più idoneo a rafforzare la nostra democrazia parlamentare diventa insolubile.

Paradigmatica è la vicenda personale di Berlusconi sotto questo aspetto: egli, pur avendo il merito innegabile di aver costruito il sistema bipolare, è andato incontro al declino quando si è dimostrato incapace di sostenere all'interno della coalizione di centro-destra la dialettica con l'Udc di Casini e con Fini, ha rotto con ambedue i leader escludendoli dall'alleanza e indebolendo così tutto lo schieramento di centro-destra.
È un insegnamento che anche i partiti oggi all'opposizione dovrebbero aver presente se vogliono
con successo arrivare alla guida del Paese. Nelle grandi democrazie
contemporanee gli schieramenti politici alternativi sono tra le forze più sensibili alla difesa della libertà personale e in linea generale conservatrici, e quelle che considerano prevalenti le esigenze di uguaglianze e che spingono al cambiamento.

Ma i due campi devono essere animati da una vigorosa dialettica interna sulle linee da seguire e sui programmi. Questa è l'unica via per eliminare il cosiddetto "bipolarismo coatto", che ci preoccupa.
Se le forze politiche maggiori e minori non sono in grado di affrontare questo salto culturale è inutile inseguire la chimera di una riforma maggioritaria, ed è meglio adottare una proporzionale corretta alla spagnola o alla tedesca

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