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Questo articolo è stato pubblicato il 01 agosto 2011 alle ore 06:38.

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È sempre stata una componente importante dell'economia italiana. Dalla fine dell'Ottocento, da quando si erano intensificati i collegamenti ferroviari e marittimi con l'estero, il soggiorno dei visitatori stranieri del "Bel Paese" (appartenenti per lo più, a quel tempo, all'alta borghesia e alle élites culturali europee) si traduceva nell'afflusso di un buon quantitativo di valute pregiate.
Ciò che concorreva, insieme ai proventi delle esportazioni agro-alimentari e tessili ma anche alle rimesse dei nostri emigranti, a coprire parte del passivo della bilancia dei pagamenti, dovuto all'importazione di materie prime, combustibili e impianti occorrenti per sostenere il decollo industriale e provvedere alla copertura di altre partite del fabbisogno nazionale.
Ridottasi sensibilmente dopo la Grande crisi del 1929, l'affluenza e la permanenza in Italia di turisti stranieri registrarono successivamente, soprattutto negli anni Sessanta, in coincidenza con le Olimpiadi di Roma e in seguito alla vasta risonanza del film di Federico Fellini "La dolce vita", un andamento crescente e così pure aumentarono gli introiti che ne traevano alberghi, aziende commerciali e servizi pubblici. Inoltre, in quello stesso periodo, cominciò a diffondersi il turismo nostrano: alle scampagnate domenicali "fuori porta" e a qualche gita nei dintorni di casa vennero sostituendosi le vacanze al mare e in montagna durante le ferie estive. E da allora in poi di allungarono i giorni di presenza nei luoghi di villeggiatura; e s'infoltirono pure le visite nelle principali città d'arte.
Nel frattempo, era stato istituito, con un provvedimento del luglio 1959, varato dal secondo Governo Segni, un apposito ministero del Turismo e dello Spettacolo, con l'incarico preminente, fra i suoi compiti, di promuovere la conoscenza e l'immagine del nostro Paese all'estero, per quanto riguardava sia le sue bellezze paesaggistiche che il suo prezioso patrimonio artistico e culturale.
D'altra parte, il turismo stava divenendo in Occidente un fenomeno di massa e avrebbe potuto pertanto dar modo all'Italia di acquisire proventi sempre più rilevanti dall'arrivo di un maggior numero di visitatori dall'estero, seppur dalle file di ceti popolari, non così abbienti come quelli d'un tempo, che acquistavano oggetti artistici e mercanzie di lusso.
In più c'è da far conto sulle crescenti opportunità di lavoro e di ricavi, dovute alla moltiplicazione delle famiglie italiane in grado di affrontare le spese di periodi di vacanze più prolungati, tra luglio e agosto, e di sostenerle, in molti casi, anche durante le festività di fine anno o in occasione dei week-end.
Senonché, nel corso del tempo l'Italia è andata perdendo il primato, che condivideva in Europa con la Francia, nell'attrazione di ragguardevoli correnti turistiche dall'estero, sopravanzata prima dalla Spagna e dalla Grecia, e poi da altri paesi. Sia perché si era diffusa la convinzione in molti operatori del settore che, data la rinomanza di tante nostre località di mare e delle nostre numerose città d'arte, si potesse continuare a vivere di una simile rendita di posizione, senza doversi dare da fare per migliorare l'offerta quanto a prezzi e a strutture ricettive. Sia perché è venuta man mano a mancare un'adeguata politica promozionale all'estero e di collaborazione con agenzie specializzate, da parte delle competenti autorità. Tant'è che, alla fine, il ministero del Turismo e dello Spettacolo venne soppresso dal referendum popolare dell'aprile 1993.
Oggi che, dopo un commissariamento durato un paio d'anni, è risorto l'Enit con una struttura più snella sotto l'egida dell'altrettanto rinato ministero del Turismo, ci si aspetta da quest'ente, incaricato espressamente di occuparsi della promozione turistica, l'attuazione di un progetto valido ed efficace che contribuisca a rilanciare le credenziali e le quotazioni del nostro Paese, dopo che in questo campo del business l'Italia è andata ulteriormente retrocedendo nella graduatoria internazionale. Tuttavia, se da un lato è indispensabile un'adeguata strategia nel coordinamento dell'offerta e del marketing, di concerto con i rappresentanti delle organizzazioni di categoria, per porre rimedio a una miriade di iniziative frammentarie, occorre anche un'appropriata "cultura dell'accoglienza" da parte degli operatori del settore che sovente lascia a desiderare. Altrimenti c'è il rischio che si riduca una fonte di ricchezza che contribuisce per oltre il 10 per cento alla formazione del nostro Pil.
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