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Questo articolo è stato pubblicato il 04 agosto 2011 alle ore 07:51.
L'ultima modifica è del 04 agosto 2011 alle ore 08:32.
Il Governo Berlusconi è in grado di definire e mettere in atto credibilmente una politica economica che sappia coniugare la crescita e la disciplina fiscale? È questa la domanda a cui i mercati finanziari volevano trovare una risposta ascoltando l'intervento del presidente del Consiglio. Hanno trovato riscontri alle loro attese? Silvio Berlusconi ha dedicato due terzi del suo intervento alla descrizione dello stato delle cose. La situazione è nota, con i mercati finanziari resi estremamente volatili dalla combinazione di due fattori fondamentali.
Essi sono la perdurante incertezza sulle prospettive economiche in quasi tutte le economie mature, unita all'eccesso di liquidità accumulato negli ultimi due decenni, e ancora alimentato dalla Federal Reserve. Per ogni possibile investimento, pubblico e privato, si riconsidera il profilo atteso di rendimento, tenuto conto del rischio.
Questo è oggi particolarmente vero per gli stati sovrani, visto che i flussi e gli stock di emissioni pubbliche sono esponenzialmente saliti durante e dopo la crisi finanziaria, a causa della necessità di diversi Paesi – Stati Uniti in testa - di finanziare con l'emissione di debito pubblico il salvataggio di una economia privata troppo indebitata.
L'Italia si è trovata così nel mirino: è un Paese con un alto stock di debito pubblico, caratterizzato da una oramai decennale bassa capacità di crescita. In una situazione di forte incertezza, gli asset reali e finanziari del Paese – tutti ricordati dal presidente del Consiglio – non sono sufficienti. Occorre una nuova politica economica.
E allora Berlusconi doveva spiegare ai mercati – i suoi cittadini inclusi - come il suo Governo intende affrontare il doppio nodo della crescita economica con disciplina fiscale. Una situazione delicata, tenendo conto della delusione causata nei mercati dalla recente manovra finanziaria, che ha finito per tradire le aspettative. Il premier ha ricordato la velocità con cui il Parlamento ha approvato tale manovra, nonché gli apprezzamenti dell'Europa.
Ma questo ai mercati non basta. Si può ritenere che i mercati sbaglino, come Berlusconi ha sottolineato in qualche passaggio. Ma i mercati esistono, e le loro aspettative vanno governate. Rispetto a tali aspettative, la manovra finanziaria è stato un insuccesso. E proprio pensando alle attese deluse in quell'occasione è possibile provare a individuare quali sono i tre elementi di valutazione che i mercati utilizzeranno per promuovere o bocciare l'intervento del presidente del Consiglio sulla parte dedicata al "fare", che ha preso solo il residuo terzo dell'intervento.
Il primo elemento di valutazione è quello dei tempi della politica economica. La manovra finanziaria ha deluso i mercati, in quanto la percezione è stata quella di un disegno della politica economica che posticipava la risoluzione dei problemi, seguendo una logica tipica da ciclo elettorale: le scelte scomode vanno rinviate, lasciando alla legislatura successiva gli oneri. La credibilità di un Governo - soprattutto in frangenti delicati come quelli odierni - si misura dalla sua capacità di assumersi tutti e subito gli oneri e gli onori di una politica economica. Ma nessuna svolta si è registrata in questo senso; il continuo ricordare che il premier ha fatto della "fatidica" data del 2014 ha rinnovato la medesima sensazione.
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