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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2011 alle ore 09:22.

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Quando la casa brucia è la variabile tempo a diventare decisiva. Per spegnere l'incendio non conta la fonte d'acqua che hai a disposizione, conta far presto. E se l'Italia vuole davvero domare le fiamme che cominciano ad avvolgerla deve partire da questa presa d'atto: non c'è più tempo. I mercati non ci concederanno neppure più un giorno di tregua.

È la lezione di questi due giorni drammatici, che nessuno, e tantomeno il governo, può far finta di non cogliere. Se dopo un duplice intervento del presidente del Consiglio i mercati rispondono con un crollo generalizzato e uno spread Btp-bund che sfiora i 400 punti, significa che è tempo di cambiare strategia.

Il presidente della Bce Jean-Claude Trichet lo ha detto con insolita nettezza: «L'Italia deve anticipare i tempi del risanamento fiscale». Non solo: «Deve approvare in tempi rapidissimi le riforme strutturali che le impediscono di crescere».

È esattamente quello che poco prima tutte le parti sociali – imprese, banche, sindacati – avevano chiesto al Governo nell'incontro a Palazzo Chigi. Interventi immediati per rigore e crescita. Non senza indicare nel merito, come utilmente sollecitato in queste settimane dal capo dello Stato, le priorità: dall'alleggerimento della pressione fiscale su imprese e lavoro alle liberalizzazioni.

Ma le cose da fare si conoscono. Si conoscono da anni. Le si elenca stagione dopo stagione nelle considerazioni finali del Governatore della Banca d'Italia, nelle relazioni dei presidenti della Confindustria, nelle giaculatorie dell'Antitrust, persino negli editoriali dei giornali. Il problema è farle. Il problema è una politica che si assuma la responsabilità delle scelte, anche se impopolari.

Al punto in cui siamo quelle scelte non possono più essere rinviate. Chiudere per ferie mentre i mercati colpiscono i nostri titoli sarebbe una scelta irresponsabile. Le parti sociali hanno già fissato una nuova riunione all'inizio della prossima settimana: il Governo si metta alla guida del confronto, con le reponsabilità che le sono proprie, e contribuisca a individuare dieci misure da approvare entro giovedì con uno o più decreti in Consiglio dei ministri.

Misure per mettere in sicurezza i conti e misure per lo sviluppo, perché è agendo in questa duplice direzione che si può spegnere l'incendio. È vero, la manovra è stata giudicata positivamente in Europa. Ma non è bastata ai mercati finanziari. Il Sole 24 Ore lo aveva preannunciato il giorno stesso dell'approvazione: bisognava fare di più.

Dopo tre settimane bisogna fare ancora di più. Di certo non sarà sufficiente rinviare spese con l'obiettivo annunciato del fabbisogno zero da qui alla fine dell'anno. Bisogna anticipare di un anno il pareggio di bilancio e blindare i tagli di spesa. Bisogna dare un nuovo segnale sull'età pensionabile (è immorale, nelle condizioni in cui siamo, mandare in pensione 60enni in piena capacità lavorativa). Ma bisogna soprattuto dare una spinta forte all'economia agendo sulla leva fiscale: meno imposizione sul lavoro, cominciando dal l'Irap, attraverso una rimodulazione dell'Iva; e attuazione immediata della nuova Ace prevista nella legge delega del ministro Tremonti, per dare ossigeno alla capitalizzazione delle imprese.

Sono solo alcuni possibili capitoli. Il resto del menù lo individui il governo con le parti sociali. Ma faccia presto. «Mio padre - ha commentato ieri Berlusconi - diceva che le borse sono come un orologio rotto, solo due volte al giorno indicano l'ora esatta». Presto il presidente del Consiglio potrebbe scoprire che proprio quello, e non il suo, era il tempo esatto.

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