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Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2011 alle ore 13:40.
L'ultima modifica è del 07 agosto 2011 alle ore 13:51.

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Le agenzie di rating hanno colpito ancora e dopo il declassamento del debito americano l'accusa è sempre la stessa: i rating destabilizzano impropriamente i mercati. Poi le ragioni specifiche possono essere diverse. Il rating può essere sbagliato, ovvero è sbagliato il modo di comunicarlo al mercato, oppure è sbagliata la regolamentazione, che ha delegato ai rating troppo spazio. Poiché però il rischio è concreto e diffuso, occorre intervenire. I rating vanno declassati come strumento di regolamentazione.

La vigilanza - in primis la Consob - deve valutare il merito e il metodo della sua azione, ai fini della tutela della stabilità. Negli ultimi tre anni, dal momento in cui è iniziata la crisi finanziaria, la volatilità dei mercati è cresciuta. L'aumento della volatilità, se diventa una caratteristica strutturale dell'economia, è un fenomeno negativo. L'attività delle agenzie di rating può essere in generale un fattore che contribuisce alla volatilità dei titoli pubblici. Ma questo di per sé non è necessariamente un problema. Il rating infatti è per sua natura prociclico.

La funzione del rating è offrire, attraverso la pubblicazione di un parere, informazione al mercato sulle possibilità di fallimento di un soggetto - impresa, banca e appunto istituzione pubblica - che emette obbligazioni. Se l'informazione è rilevante, il mercato si muoverà nella stessa direzione del parere: con un buon giudizio il mercato apprezza lo Stato emittente, al contrario se il giudizio è negativo.

Ma da cosa dipende la rilevanza di un rating? Due sono le possibili spiegazioni finora fornite dalla letteratura economica. La prima sostiene che la rilevanza dipende dal valore delle informazioni fornite al mercato. Il rating certifica il valore dell'emittente, in termini di solvibilità. A sua volta, il valore dell'informazione contenuta nel rating dipende dalla reputazione dell'agenzia che lo fornisce. La reputazione dell'agenzia è legata alle sue performance passate: più i rating si sono dimostrati informativi, più la reputazione è alta.

Purtroppo la letteratura economica sta avanzando forti dubbi sull'effettiva capacità del rating di rivelare sistematiche informazioni rilevanti. Quindi i rating possono essere sbagliati, come hanno dimostrato prima i casi Enron e Worldcom, poi le cattive valutazioni degli strumenti finanziari complessi che hanno innescato e ampliato la crisi finanziaria.

Ma come mai, nonostante i dubbi sempre più alti sull'affidabilità sistematica dei rating, la loro rilevanza continua a sussistere? Il fatto che il rating sia parte integrante della regolamentazione è il vero motore della sua credibilità, a prescindere dal contenuto informativo del rating stesso. L'incorporazione del rating nella regolamentazione ha degli effetti automatici - quindi prevedibili - sulla possibilità di titoli e relativi emittenti di trovare mercato, divenendo una sorta di licenza di natura quasi pubblica che influenza il successo di un'emissione. In questo caso la credibilità della diffusione di un rating non porta nuove informazioni; quindi l'effetto in termini di volatilità è indesiderabile e ingiustificato.

Una nuova terza spiegazione che qui vogliamo avanzare è la seguente: a parità di contenuto informativo e di uso dei rating nella regolamentazione, la credibilità del rating, misurata in termini di effetti sul mercato, dipende da come le agenzie comunicano al mercato i loro rating (mercati aperti o chiusi, comunicazione sistematica o estemporanea, sollecitata o no, rating o outlook). Anche in questo caso, l'effetto sui mercati non dipende da nuova informazione, e quindi è di nuovo indesiderabile ed ingiustificato.

Dunque, c'è più di una ragione per ipotizzare che il merito e il metodo con cui le agenzie producono e distribuiscono pareri sui debiti pubblici - e non solo - contribuisca impropriamente e ingiustificatamente alla volatilità dei mercati. Allora, nello stesso interesse delle agenzie: cosa aspettano i legislatori a riconsiderare il ruolo dei rating nella regolamentazione? Cosa aspettano i supervisori - a partire dalla nostra Consob - a valutare il rischio di volatilità impropria insito nei rating, e a disegnare le opportune politiche di prevenzione e contrasto? Oppure la stalla verrà chiusa quando i buoi (di Borsa e non) saranno ormai scappati?

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