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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2011 alle ore 09:33.
L'ultima modifica è del 24 agosto 2011 alle ore 09:33.

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Mentre le valutazioni borsistiche di molte banche, in Europa come negli Stati Uniti, stanno atterrando ai minimi del 2009, le quotazioni dei Cds – ovvero di quelle particolari polizze assicurative che permettono di proteggersi dal rischio di default di una controparte – sono andate già oltre.

E mettono in conto uno scenario anche peggiore a quello cui si è assistito all'apice del terremoto post Lehman, nel 2008-2009. Basti pensare che ieri l'indice dei Cds dei 25 principali titoli finanziari europei, l'iTraxx Europe Senior Financials index, ha toccato il livello di 252 punti, una quota mai vista prima. I Cds a 5 anni di Credit Suisse, ad esempio, sono schizzati del 9,3%, registrando un rialzo del 32% in una settimana. Un po' come Ubs, il cui Cds in giornata è salito del 7,9%, facendo segnare un picco del 31,4% in una settimana. Le italiane, in questo scenario, non stanno molto meglio, con aumenti settimanali del 17% circa per UniCredit, Intesa Sanpaolo e Mps.

Per tutta la giornata si sono rincorsi rumors di possibili difficoltà di accesso al mercato della liquidità da parte di alcuni istituti, cui si aggiungono le tradizionali incertezze sulla risoluzione dei problemi dei debiti sovrani in Eurozona. Ma del resto la crescente difficoltà incontrata dalle banche europee a finanziarsi attraverso il canale interbancario è un tema che preoccupa parecchio gli investitori. Non che, però, negli Stati Uniti le cose vadano molto meglio. Lo spread sui Cds a 5 anni di Bank of America ieri é salito di 47 punti a quota 427, un livello superiore a quello toccato nei momenti più bui della crisi finanziaria del 2008. In volo anche i cds di Goldman Sachs che si assestano a quota 283 punti (+28 punti base), il livello più alto dall'aprile 2009.

È vero: il mercato dei Cds è poco trasparente, molto illiquido e facilmente manipolabile. E per questo i suoi movimenti vanno presi con le pinze. Ma una variazione, soprattutto quando rilevante, rappresenta pur sempre un'indicazione interessante dell'umore degli operatori. Che oggi, come non mai, appare tutt'altro che buono.

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