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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2011 alle ore 09:40.

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Il segnale inviato ieri dall'improvviso tracollo dell'oro è di quelli che il risparmiatore farà bene a custodire a lungo nella memoria: nei mercati non esistono ormai più «porti sicuri» presso cui rifugiarsi durante le tempeste finanziarie e con questo nuovo scenario si dovrà necessariamente imparare a convivere.
Gli scettici non mancheranno di far notare che ai 1.770 dollari l'oncia di ieri a Londra il prezzo del lingotto è in fin dei conti tornato soltanto sui livelli di Ferragosto, cioè oltre il doppio rispetto a quanto quotava 3 anni fa. E ci sarà anche chi proverà a spiegare con motivazioni tecniche un movimento così inatteso.
La sostanza, però, non cambia poi tanto: chi con scarso tempismo avesse cercato di ripararsi negli ultimi giorni sotto la protezione del metallo giallo, accodandosi al carro dei vincitori, oggi sarebbe inevitabilmente costretto a leccarsi le ferite. E il discorso, a pensarci bene, può essere replicato per gli altri presunti beni rifugio, spinti a quotazioni da record e probabilmente fuori da ogni logica economica e finanziaria dalla fuga disordinata degli investitori dalle attività a rischio. Ieri infatti hanno perso terreno – chi più, chi meno – i titoli di Stato tedeschi e quelli statunitensi, il franco svizzero e lo yen: tutti luoghi di rifugio divenuti evidentemente poco affidabili.

L'improvvisa inaffidabilità di Bund, Treasury e dell'oro non è certo determinata da un improvviso mutamento della situazione economica mondiale. Ieri, semmai, il preoccupante dato sulla fiducia degli imprenditori tedeschi e i segnali poco confortanti provenienti dal settore immobiliare Usa avrebbero dovuto invogliare gli investitori ad acquistare e non a vendere i titoli di Stato dei due Paesi e altrettanto si potrebbe dire per il metallo giallo.
Ma proprio qui sta il paradosso: la rincorsa ai «porti sicuri» ha finito per gonfiare i prezzi di queste attività, rendendole quindi vulnerabili a ogni minimo mutamento d'umore dei mercati. Oggi i prezzi dell'oro potranno anche tornare a salire e a infrangere nuovi primati, ma chi lo compra deve essere ben consapevole di assumersi rischi non indifferenti e non deve pensare di andare a chiudere il denaro in cassaforte.

La situazione attuale è figlia dei movimenti esasperati delle piazze finanziarie in quest'estate rovente: accanimento nel penalizzare i Paesi più in difficoltà (l'Italia sì, ma anche la Germania il cui indice di Borsa Dax ha in fondo perso un quarto del valore nel giro di un mese); fede pressoché cieca nell'acquistare beni rifugio a qualsiasi prezzo. Il mercato (e il risparmiatore con lui) è ora alla disperata ricerca di un equilibrio che possa mettere un freno alla volatilità di queste settimane.
È il modo in cui si cerca la via d'uscita dal tunnel a non ispirare proprio la massima fiducia: quell'affidarsi in modo quasi incondizionato al discorso che Ben Bernanke terrà domani a Jackson Hole. Nella speranza che il presidente della Federal Reserve somministri ai mercati nuove dosi di quella droga che ha contribuito a costruire gli squilibri di oggi.

m.cellino@ilsole24ore.com

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