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Questo articolo è stato pubblicato il 28 agosto 2011 alle ore 15:46.

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Quando il linguaggio della politica declama che attraverso una specifica normativa si vogliono «limitare gli abusi» introducendo una regolamentazione, state certi di una cosa: il legislatore si è messo in testa di creare pastoie ed impedire che gli individui si mettano d'accordo tra loro per regolare al meglio i loro interessi.
Tra le tante perle contenute nella manovra estiva del Governo, spiccano infatti le disposizioni mirate al mercato del lavoro giovanile, in particolare gli stage aziendali (o "tirocini formativi") e il praticantato professionale.
Cominciamo dagli stage, fino a oggi regolati dalla legge 196/1997 che delinea un quadro di riferimento, lasciando poi alle Regioni la possibilità di emanare norme in deroga. La manovra ferragostana ha introdotto due modifiche fondamentali. La prima riguarda la durata massima dello stage (che, ricordiamolo, non è un rapporto di lavoro né un periodo di prova ma solo un'opportunità formativa), ridotta da dodici a sei mesi. La seconda tocca i destinatari: solo coloro i quali si sono laureati o diplomati da non più di dodici mesi, abbassando il precedente limite convenzionale di diciotto.

La disposizione non si applica a soggetti svantaggiati (disabili, tossicodipendenti), ai disoccupati e agli stage curriculari, cioè quelli inseriti in un percorso studio-lavoro tra cui rientrano master universitari e dottorati . Le Regioni potranno ancora derogare ad alcuni aspetti della legislazione.
Non addentriamoci nei particolari ma vediamo il succo della norma: i giovani non trovano lavoro (il tempo medio dopo la laurea per un'occupazione stabile è 5 anni e mezzo!), le aziende reputano conveniente valutarli attraverso gli stage, che consentono a neodiplomati e neolaureati di vedere "dal di dentro" un'impresa, apprendere qualcosa e - come si suol dire - "farsi curriculum".
Il legislatore cosa fa? Limita tale possibilità, non rendendosi conto che l'alternativa non è tra uno stage di dodici mesi ed uno di sei mesi e poi l'assunzione, ma semplicemente tra un tirocinio più lungo ed uno più breve o nessun tirocinio.

Le aziende non assumono perché il Governo lo desidera, ma solo quando gli serve. Il poveretto che un anno dopo la laurea è ancora a spasso, o viene dichiarato ufficialmente disoccupato (paradosso nel paradosso) e allora può fare lo stage o si vedrà chiudere anche questa speranza, diminuendo quindi le sue possibilità di trovare impiego. Il tutto viene giustificato con lo slogan «bisogna stanare gli sfruttatori di stagisti»: ma che significa? Che "stanando" gli sfruttatori appariranno gli angeli del posto fisso? Beato chi ci crede.
Altra innovazione del decreto di Ferragosto riguarda i praticanti professionisti cui dovrà essere corrisposto un «equo compenso di natura indennitaria, commisurato al concreto apporto». Anche in questo caso meglio avrebbe fatto il legislatore a tacere. Prima di tutto decidere cosa sia "equo" sarà una bella impresa. Come definire qual è il "concreto apporto" di un neo laureato? Ciò che è equo in uno studio legale internazionale di Milano lo sarà anche per uno studio di stampo artigianale a Molfetta?

Se la determinazione verrà lasciata alle parti, ebbene la norma è completamente inutile. Se invece si prevede che sarà la giurisprudenza o un contratto collettivo nazionale a farsi carico del compito, allora aspettiamoci un disastro: avremo l'impossibilità a individuare tutte le molteplici sfaccettature che compongono «l'apporto professionale» e un contenzioso assicurato con prevedibile aumento dei costi e, in definitiva, meno professionisti disposti a dare un'opportunità ai giovani.
Il mercato è fatto di domanda ed offerta ed in questo momento l'offerta di lavoro è in molti casi sovrabbondante rispetto alla domanda, anche a causa delle politiche occupazionali restrittive, discriminatorie ed ingessate che caratterizzano il nostro ordinamento. Illudersi di poter creare posti di lavoro ben retribuiti e senza conseguenze per la produttività grazie a grida manzoniane è tipico dei politici, immersi nella loro presunzione fatale di poter dirigere l'economia e nella concreta ambizione di accaparrarsi qualche voto in più.

aadenicola@adamsmith.it

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